Il 31 agosto saranno 24 anni da quando Lady Diana perse la vita nel tunnel del Pont de L’Alma insieme al suo fidanzato Dodi Al-Fayed. Per la prima volta in tutti questi anni il medico che tentò il tutto per tutto per salvare la vita alla principessa del Galles ha deciso di rilasciare un'intervista al Daily Mail, raccontando gli ultimi istanti di vita della principessa triste e tutto quello che è stato fatto per non farla morire. Lui è MonSef Dahman, che in quegli anni era un giovane chirurgo generale di 33 anni in servizio presso il Pitié-Salpêtrière Hospital di Parigi.
"Quel giorno avevo cominciato alle 8 di mattina, ed ero ancora di turno dopo mezzanotte: era stata una giornata abbastanza tranquilla", ricorda Dahman. Lo era stata finché non arrivò quella chiamata d'emergenza, di cui il medico ricorda perfettamente tutti i dettagli: "Mi stavo riposando quando improvvisamente mi chiama l’anestesista Bruno Riou, che mi dice di correre al pronto soccorso. Non mi disse che c’era Lady Diana, ma solo che c’era stato un grave incidente che aveva coinvolto una giovane donna".
A quel punto MonSef Dahman si precipita in pronto soccorso, perché quando si ricevono ordini così perentori e frenetici vuol dire che non c'è tempo da perdere e la situazione è grave. "C’è voluto solo un momento per rendere chiaro il motivo di tutta quella frenesia. Per qualsiasi chirurgo, è molto importante provare a salvare una donna giovane in quelle condizioni. Ma sicuramente lo è ancora di più se è una principessa", ha proseguito il medico. Lady Diana al suo arrivo era stata sottoposta immediatamente ai raggi X che, come spiega il medico, avevano evidenziato "emorragie interne molto gravi" al torace, che richiese un drenaggio. Nonostante questo, la situazione continuava a essere molto grave e le trasfusioni con le sacche di sangue 0- continuavano incessantemente, visto che ancora non era stato stabilito il suo gruppo sanguigno.
Fu tentato di tutto per evitare l'operazione, viste le condizioni instabili della principessa. Ma quando alle 2.15 andò in arresto cardiaco, il dottor MonSef Dahman non poté più rimandare l'intervento chirurgico, effettuato sulla barella del pronto soccorso. "Ho fatto questa procedura per consentirle di respirare. Il suo cuore non poteva funzionare correttamente perché mancava di sangue", ha spiegato il medico. Durante l'operazione il dottor Dahman si accorse dello strappo al pericardio del cuore di Lady Diana.
Una situazione di estrema gravità, tanto che al Pitié-Salpêtrière Hospital venne chiamato il professor Alain Pavie, all'epoca il miglior cardiochirurgo di Francia. Venne buttato giù dal suo letto, perché era l'unico che, se ci fosse stata una possibilità, avrebbe potuto salvare la principessa. Erano le 2.30 e giunto in sala operatoria, Pavie decise di trasferire Lady Diana in una delle sale operatorie, perché la sua esperienza gli suggerì che non era stata individuata la fonte dell'emorragia.
E infatti Alain Pavie non sbagliò: la fonte principale del sanguinamento della principessa del Galles era una lesione alla vena polmonare superiore sinistra dove questa si collega al cuore. Il professore suturò quella ferita ma il cuore della principessa, ancora in arresto, non riusciva a riprendere i battiti. "Abbiamo provato diverse volte le scosse elettriche e, come avevo fatto al pronto soccorso, il massaggio cardiaco", ha proseguito il dottor MonSef Dahman.
L'anestesista Riou iniettò l'adrenalina ma nemmeno così il cuore di Lady D tornò a battere. I tentativi di far ripartire il cuore durarono circa un'ora. "Ci abbiamo provato tanto, tantissimo. Abbiamo fatto tutto il possibile per questa giovane donna. Quando si lavora in queste condizioni non ti accorgi del tempo che passa", ha continuato il medico nel suo racconto, spiegando che nel corso della sua carriera in quell'ospedale arrivarono anche pazienti in condizioni più gravi, che sono stati però salvati.
L'equipe medica alzò bandiera bianca solo alle 4 del mattino, dichiarando la morte di Lady Diana. "Quando ho lasciato l’ospedale ero esausto. Chiamai il mio primario dirgli cosa era successo e per prepararlo al pandemonio che probabilmente sarebbe successo di conseguenza. Ero troppo stanco per fare caso ai personaggi che cominciavano ad arrivavare all’ospedale, compreso il presidente Chirac", ha ricordato MonSef Dahman. Nella sua voce si percepisce ancora la tensione di quella notte infinita, impossibile da dimenticare.
I giorni successivi furono deliranti all'ospedale Pitié-Salpêtrière Hospital. C'è un episodio che più di altri colpì il dottor Dahaman: "Quando stavo curando Diana indossavo i miei sabot bianchi. E ovviamente in quella situazione non presti attenzione a nient'altro che a cercare di salvare il paziente. Fu solo la mattina dopo che notai che i miei zoccoli si erano macchiati con il suo sangue". Il medico, quindi, riferisce che "un francese si è avvicinato e mi ha detto: 'Ah, i tuoi zoccoli, mi interessano. Voglio comprarli da te. Hanno il sang bleu su di loro'". Il giovane chirurgo rifiutò sdegnato quell'offerta e appena poté pulì i suoi zoccoli ma non poté eliminare il ricordo di quanto accaduto.
"Il pensiero di aver perso una persona importante a cui tenevi, ti segna per tutta la vita Quando è una principessa e segui il suo funerale insieme a miliardi di altre persone, e hai cercato di salvarla, questo
ovviamente ti segna. Ti segna per tutta la vita", ha continuato MonSef Dahman. Quello fu l'anno in cui nacque suo figlio ma ogni agosto il suo pensiero non può che andare a quella drammatica notte del 31 agosto 1997.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.