Capelli velati, gonne lunghe e sottomissione. Ad occhi occidentali per le donne l'estremismo islamico può non sembrare l'ideale. Eppure sempre più spesso la cronaca parla di donne, spesso anche giovani e istruite, che partono soprattutto dall'Europa per unirsi ai jihadisti. A volte imbracciano il kalashnikov e combattono a fianco degli uomini. Altre volte diventano mogli, quando non "schiave" dei miliziani.
È il volto rosa - e velato - dei foreign fighters. Come Khadijah Dare, la londinese che voleva essere la prima jihadista donna a uccidere un occidentale. O come Aqsa Mahmood, scozzese 20enne, formatasi nelle migliori scuole private di Glasgow e diventata la donna che gestisce i bordelli di Raqqa e fornisce mogli ai miliziani. È arrivata in Siria nel 2013 e in breve tempo ha fatto carriera ed è stata messa alla guida della "Brigata Al-Khamsaa", che si occupa tra le altre cose proprio di accogliere le ragazze europee che vogliono dedicarsi all'Isis e di convincerle a "non opporre resistenza" davanti ai voleri del Califfo.
Ed è la Mahmood a portare in Siria tre adolescenti britanniche, Shamima Begum (15 anni), Kadiza Sultana (16) e Amira Abase (15), fuggite la scorsa settimana per donarsi alla jihad. E secondo le ultime stime non sono le sole ad aver percorso quello che ormai viene definito il "percordo della sposa jihadista".
Si parla di centinaia di ragazze nella sola Gran Bretagna, spesso irretite grazie a proposte di matrimonio su internet lanciate da profili Twitter come Jihad Matchmaker, che si offrono per organizzare matrimoni tra donne musulmane e jihadisti e che raccoglie 378 follower. Non tantissimi rispetto al mare magnum del portale, ma comunque un numero significativo se si considera che la maggior parte è composta da giovani donne musulmane occidentali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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