L'app anti-desaparecidos per "salvare" gli egiziani

Sono centinaia i "casi Regeni". Le ong provano a resistere con la tecnologia

Un poster elettorale di Abdel Fattah al-Sisi a piazza Tahrir
Un poster elettorale di Abdel Fattah al-Sisi a piazza Tahrir

Un regime repressivo, impegnato a mettere a tacere qualsiasi forma di dissenso in Egitto e che ha fatto sparire - in carcere, nella migliore delle ipotesi - centinaia di persone. Locali e non, come dimostra il caso di Giulio Regeni, ricercatore italiano torturato e ucciso.

È questa la realtà odierna dell'Egitto, che secondo un rapporto della Commissione per i diritti e le libertà (Ecrf) - citato pochi giorni fa dal quotidiano Daily News Egypt - riguarda almeno 912 persone, sulla cui sorte non si sa più nulla, tutte "svanite" tra l'agosto del 2015 e l'agosto dell'anno successivo.

Pratiche al di fuori della legalità, che le Ong egiziane denunciano da tempo, e che richiederebbero un netto cambio di rotta da parte delle istituzioni. In mancanza del quale, attivisti e comuni cittadini che rischiano di essere arrestati senza ragioni apparenti, stanno cercando se non altro di cautelarsi e provare a rispondere alla minaccia costituita dallo Stato.

L'ultima iniziativa è proprio dell'Ecrf, che ha sviluppato un'applicazione (I Protect), grazie alla quale attivisti, giornalisti, membri dell'opposizione e comuni cittadini potranno segnalare a una serie di contatti d'emergenza il rischio di un arresto, e quindi di una sparizione.

L'applicazione, una volta impostata con i propri numeri e un messaggio da inviare in caso di bisogno, prende le sembianze di una banale calcolatrice.

Se il cellulare ha accesso a internet, insieme al messaggio parte anche la segnalazione della posizione del proprietario.

L'obiettivo dell'Ecrf è quello di provare a intervenire nelle prime 24 ore, prima del trasferimento degli arrestati dalle stazioni di polizia ad altre strutture, dove rintracciarli diventa poi molto più complicato.

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