Il referendum sul Brexit si avvicina e fa proseliti. Non sono solo in Gran Bretagna, infatti, partiti politici e movimenti d'opinione fanno quadrato per accelerare l'uscita dalla Ue.
La fatidica data del 23 giugno si avvicina e con essa una tappa fondamentale per il futuro dell'Europa unita. Se i sudditi britannici di Elisabetta II voteranno per il divorzio da Bruxelles per l'Unione Europea potrebbe essere l'inizio della fine. Per la perdita di un tassello irrinunciabile della storia e dell'identità europee. Ma non solo.
A Parigi si teme il "Frexit"
L'uscita di Londra dalle istituzioni comunitarie potrebbe innescare infatti una reazione a catena le cui conseguenze sono difficilmente prevedibili. In Francia da tempo si vagheggia di un cosiddetto "Frexit", che vede fra i primi sostenitori il parlamentare e candidato alle presidenziali del 2017 Nicolas Dupont-Aignan.
Dupont-Aignan, che si definisce gollista, è il fondatore del movimento "Debout la France", iscritto al gruppo euroscettico "Alleanza per la Democrazia diretta in Europa", di cui fa parte lo Ukip di Nigel Farage, i Democratici Svedesi e che avrebbe dovuto accogliere fra i propri ranghi anche il nostrano Movimento Cinque Stelle. Il leader di "Debout la France" vede nel Brexit un'occasione per "splancare le porte della galera": e una volta che le porte della prigione-Europa sono aperte, si sa, "anche tutti gli altri prigionieri prima o poi scappano".
Certo, la formazione di Dupont-Aignan a Parigi detiene appena tre seggi fra Assemblea Nazionale e Senato, ma stando a un sondaggio diffuso a marzo la maggioranza dei francesi sarebbe favorevole a un referendum che, napoleonicamente, affidi la parola ai cittadini sulla permanenza della Francia nella Ue. Un eventuale Frexit, inoltre, sarebbe supportato anche da partiti assai popolari come il Fronte Nazionale dell'astro nascente Marine Le Pen, che l'anno prossimo punterà senza dubbio all'Eliseo.
L'euroscetticismo degli olandesi
I francesi, però, non sono i soli a sognare un futuro di indipendenza da Bruxelles. Anche nei Paesi Bassi un recente sondaggio d'opinione ha mostrato come il 53% degli olandesi sarebbe favorevole a una consultazione popolare per decidere il futuro del matrimonio fra il Regno nederlandese e la Ue. Solo il 44% si è detto contrario ad andare alle urne.
Impossibile non richiamare la sonora bocciatura con cui, nel 2005, il 61,54% degli olandesi rifiutò l'adozione della Costituzione Europea, segnando il primo significativo stop a un processo di integrazione che a cavallo fra gli anni Novanta e gli anni Duemila pareva inarrestabile.
I dubbi dei cechi
Il vento euroscettico, però, non soffia forte solo a Parigi ed Amsterdam. Anche a Praga - storica capitale del progressismo mitteleuropeo - si respira un'aria di sfiducia. Il primo ministro Bohuslav Sobotka ha recentemente dichiarato che un successo del Brexit moltiplicherebbe anche nel suo Paese (che pure ha aderito all'Unione solo nel 2004) gli appelli per un "Cechxit", paventando peraltro lo spettro di un ritorno della Repubblica Ceca nell'orbita di influenza russa.
Ad ottobre un sondaggio aveva mostrato come il 62% dei cittadini si diceva
insoddisfatto delle politiche Ue e favorevole ad un'uscita del Paese dall'Unione. Un risultato della mala gestione della crisi dei migranti, che ha moltiplicato i consensi per i partiti euroscettici e populisti in mezza Europa.
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