Il bluff delle Ong sulla Siria: civili morti per screditare Putin

Per i principali giornali occidentali alcune bombe sono più intelligenti di altre. Così l'industria del piagnisteo gerarchizza la sofferenza umana per interessi geopolitici

Il bluff delle Ong sulla Siria: civili morti per screditare Putin

L’avvento dell’arma atomica così come i bombardamenti aerei (con o senza pilota) hanno modificato in maniera considerevole il corso di qualsiasi conflitto militare. La guerra interstatuale e circoscritta, ovvero fra due eserciti regolari, ha lasciato il posto a quella non convenzionale - descritta magistralmente dal politologo tedesco Carl Schmitt in Teoria del partigiano - articolata sul terrorismo o sulla guerriglia. Gli scontri bellici senza morti non sono mai esistiti, eppure l’irregolarità delle forze in campo ha ristrutturato il bilancio dei morti: a pagare con la vita sono anche i civili, non solo i militari.

Lo vediamo oggi in Siria. Dall’inizio della guerra, o meglio della lotta armata che vede coinvolti l’esercito regolare, un gruppo terroristico non perfettamente definito, e i raid delle potenze straniere, se ne contano centinaia di migliaia. È difficile conoscere la cifra esatta perché le notizie che arrivano in Occidente sono parziali e non certificate. Pensiamo soltanto al fatto che gli analisti, i giornalisti, le agenzie di stampa, le Nazioni Unite, le organizzazioni non governative di difesa dei diritti umani si affidano ad un unico canale: l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (Ondus). Un organo di informazione fondato nel 2006 da Rami Abdel Rahman con sede a Coventry, in Inghilterra.

Il problema però non è la veridicità sul numero di caduti ma la loro gerarchizzazione. Per alcuni massmedia alcuni valgono più di altri. Insomma ci sono bombe più intelligenti e bombe meno intelligenti. Recentemente questa doppia morale si è verificata in occasione dei rispettivi bombardamenti russi e francesi. Da quando il Cremlino ha lanciato l’offensiva militare in sostegno del governo siriano di Bashar Al Assad non c’è giorno che l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani e i suoi satelliti come la Rete Siriana per i Diritti Umani non smettono di denunciare le incursioni contro i civili ad Aleppo, Damasco, Idlib, Latakia, Hama, Raqqa, Homs e le province di Deir Az Zor. L’ultima notizia simile risale a domenica mattina. Secondo l’Ondus i bombardamenti avrebbero colpito un mercato di Ariha, cittadina nel nord della Siria controllata dai qaedisti di Jabhat al Nusra, uccidendo 44 civili. Senza nessun accertamento il fatto è stato ripreso e rilanciato da tutti i quotidiani occidentali proprio per discreditare le operazioni militari russe in Siria.

Diverso trattamento mediatico lo hanno avuto i raid francesi su Raqqa, capitale dello Stato Islamico, che dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre, trascinati dall’emotività e lo spirito di vendetta, si sono moltiplicati rispetto ai mesi scorsi. Degli obiettivi colpiti, a parte il comunicato dell’Eliseo che parla di centri di addestramento e depositi di munizioni, si sa poco o nulla.

Le organizzazioni non governative siriane, megafono della rivolta contro Assad, non sono insorte come accade regolarmente quando l’aviazione russa esegue le sue operazioni. Nelle guerre non convenzionali, dove nessuno è senza peccato, si aggiunge così un altro elemento: la gerarchizzazione della sofferenza umana dettata dall’industria del piagnisteo.

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