I medici e il personale degli ospedali pubblici vivono ogni giorno come se fossero in frontiera. Le aggressioni sono sempre più frequenti e il caso di Foggia è solo la punta di un iceberg che ha messo ulteriormente in luce i problemi di sicurezza, ma non solo. Dopo la lettera carica di comprensibile dolore di Tatiana Pugliese, sorella di Natascha, morta a Foggia seguito delle complicanze di un gravissimo incidente, è una dottoressa di quell'ospedale a sfogarsi, facendo emergere il malessere che vivono quotidianamente gli operatori sanitari.
"Quella notte ero di guardia e ho refertato gli esami dei colleghi coinvolti. Questo non mi è stato d’aiuto, perché dentro di me la rabbia è montata subito", ha premesso Flaminia Mangano, aggiungendo che comprende umanamente la rabbia di Tatiana per la morte della sorella, ma, spiega, "tra quella righe c’è il seme di un odio nefasto, che ho visto trasudare da più commenti, da più parti, da terze voci". La dottoressa Mangano ci tiene a sottolineare nella sua lettera che la giovane, a seguito dell'incidente di giugno, era stata curata da professionisti validi "ed era stato grazie a loro se si era salvata da un destino infausto già all’esordio". Le era stata salvata la vita dai bravi medici, oltre che dalla sua volontà, "dalla sanità che fa il suo lavoro notte e giorno, quella di cui non si parla. Quella che non si ringrazia. Quella che non fa notizia. Quella gratis, garantita di diritto a tutti".
Poi purtroppo, a settembre, prima di un trasferimento in un'altra struttura per l'esecuzione di un intervento che a Foggia non si esegue di routine, è accaduto un imprevisto che, "fa tremare le vene e i polsi anche ai medici". La dottoressa prova a spiegare come lei e i suoi colleghi vivono situazioni come queste, anche se sono strutturati e preparati professionalmente, ma nulla prepara davvero alla morte di un paziente. "La morte è spaventosa, è una possibilità che non vogliamo contemplare, è una battaglia spesso impari. Eppure quella battaglia in sala operatoria, in rianimazione, in corsia, in PS, da noi in TC, si combatte tutti i giorni", spiega la dottoressa, specificando l'ovvio: "Qualsiasi cosa vi faccia comodo pensare, i nemici non siamo noi medici. Fate attenzione. Il nostro intervento non è garanzia di salvezza. È impegno a farcela. Ed è pur sempre la sola possibilità che abbiamo".
Un concetto che spesso fugge, che ci si dimentica nella disperazione del momento, ma che è l'unica verità. "Venire in ospedale ‘a fare la guerra peggio di Gomorra’, come leggo in quella lettera, deve essere un’opzione non ammissibile. Non può essere giustificata. Neanche dal dolore più cupo, dalla disperazione più sorda", prosegue la dottoressa Mangano rispondendo direttamente a Tatiana Pugliese. E non può essere un'opzione accettabile in un Paese civile quale è e deve rimanere l'Italia. "Perché la spedizione punitiva che colpisce il sistema sanitario nazionale è un gesto animalesco e pericoloso. Tenta di legittimare la vecchia legge del taglione. È un reato grave. Ma soprattutto ci toglie la sola possibilità che abbiamo di sconfiggere la malattia", prosegue nella sua lettera la dottoressa, in quello che sembra essere un appello alla comprensione e alla civiltà.
"Non è più vita la nostra in ospedale, credetemi. Siamo stanchi. Siamo demotivati. Siamo pochi. Non possiamo più continuare così. Servono misure efficaci. Serve fermarci a riflettere. Serve adesso", conclude, in un ultimo sforzo per cercare di far capire anche il punto di vista dei medici in prima linea.
E proprio mentre la dottoressa pubblicava questo educato sfogo, sempre a Foggia, è stata data la notizia dell'arresto di un 18enne che la notte scorsa ha aggredito con calci, schiaffi e pugni gli infermieri del pronto soccorso degli ospedali riuniti di Foggia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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