Perché Stasi non ha chiesto la revisione del processo (e per i Poggi resta l'assassino)

La nuova indagine su Andrea Sempio non cambia la responsabilità dell’allora fidanzato di Chiara, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere il 12 dicembre 2015

Perché Stasi non ha chiesto la revisione del processo (e per i Poggi resta l'assassino)
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Non basta. La nuova indagine di Pavia su Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi e già indagato (ma poi archiviato) per l’omicidio della 26enne nell’agosto del 2007, non cambia la responsabilità dell’allora fidanzato Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere il 12 dicembre 2015. Al momento non ci sono novità tali da spingere i legali del 41enne a chiedere la revisione del processo alla Corte d’Appello di Brescia e così Stasi, detenuto nel carcere milanese di Bollate, salvo sorprese, non può che attendere il fine pena.

Per il codice di procedura penale per chiedere la riapertura di un processo - su cui si è già espressa in via definitiva la Cassazione - occorre che dopo la condanna siano sopravvenute o si scoprano nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrino che il condannato deve essere prosciolto. È già successo nel luglio dell’anno scorso quando la corte d’Appello di Brescia ha ritenuto inammissibili le istanze della difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi e non ha ammesso nessuna delle nuove prove che gli avvocati avevano esposto per provare a riaprire il caso sulla strage di Erba, confermando di fatto l’ergastolo per la coppia.

Gli approfondimenti su Sempio già una volta non sono bastati a riaprire un caso che ha già un colpevole. E questo nonostante adesso negli ambienti investigativi dell’Arma, che si occupa dell’inchiesta, si parli addirittura e apertamente di «elementi abominevoli» in riferimento a quelli che hanno portato alla condanna di Alberto Stasi. Come per dire che accusare l’allora fidanzato di Chiara sia stato un errore madornale.

Nel 2017 i giudici dalla Corte d’Appello di Brescia dichiararono il non luogo a procedere rispetto alle richieste della difesa di Stasi che non aveva presentato formale istanza di revisione ma si era limitata a depositare alla Procura generale di Milano gli esiti delle investigazioni difensive (il Dna «rubato» a Sempio che darebbe compatibile con quello trovato sulle unghie di Chiara Poggi), «chiedendo l’attivazione di indagini (che gli stessi legali indicavano come necessarie, cosi implicitamente reputando gli elementi raccolti dalla società di investigazione non autosufficienti ai fini della revisione dei processo)» e sollecitando (se ci fossero stati i presupposti dopo gli accertamenti) la richiesta di revisione allo stesso procuratore generale.

In quel caso la Procura generale di Milano aveva inviato gli atti alla Procura di Pavia che - sulla base della consulenza della difesa - aveva archiviato riconoscendo la credibilità nell’alibi di Sempio e l’assenza di suoi elementi che lo potevano collocare a casa di Chiara quando la ragazza venne uccisa.
Ora la doppia consulenza della difesa di Stasi - ancora il Dna e la messa in discussione sul numero di scarpe dell'assassino (una perizia certifica che è un numero 42 come quello che calza Stasi mentre Sempio ha il 44) - porta nuovamente la Procura di Pavia a fare ancora indagini di fronte a due dati, non sufficienti, per far chiedere a Stasi direttamente la riapertura del processo.

Intanto i genitori e il fratello di Chiara Poggi, attraverso i loro legali Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna, si sono costituiti «in questo nuovo procedimento» come «persone offese dal reato».

La famiglia è convinta «che la precisa conoscenza di tutti i dati probatori emersi nel processo che ha portato alla definitiva condanna di Alberto Stasi per il delitto da egli commesso il 13 agosto 2007 possa risultare decisiva per una tempestiva definizione della posizione di Andrea Sempio». Ovvero I Poggi restano convinti che l'autore dell'omicidio di Chiara non possa che essere Alberto.

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