Una rete tra uomini e donne nella "moschea" dell'università: ma le femministe tacciono

Uomini da una parte, donne dall'altra. Decentrate, isolate, costrette a un ruolo secondario, mai considerate e, soprattutto, separate da una rete: così si è svolta la preghiera del venerdì nell'università di Torino

Immagine dal profilo Facebook di Brahim Baya
Immagine dal profilo Facebook di Brahim Baya
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Si è tanto discusso della preghiera del venerdì con l'imam Brahim Baya tenutasi all'interno dell'università occupata, negli spazi del Palazzo Nuovo di Torino. Qui, dove da settimane le lezioni sono obbligatoriamente sospese perché gli occupanti non permettono a docenti e colleghi di entrare, sospendendo di fatto un diritto costituzionale come quello allo studio, si è tenuta la preghiera islamica che ha, di fatto, trasformato l'università in una moschea. La storia si sarebbe potuta ripetere al Politecnico di Torino, se non fosse stata effettuata una diffida da parte del rettore e non fosse intervenuta la questura, insieme alla prefettura, a fermare tutto. Ma c'è un dettaglio che è sfuggito ai più nelle immagini della preghiera della settimana scorsa, ed è il "recinto" all'interno del quale sono state poste le ragazze che vi hanno partecipato.

Anzi, forse parlare di recinto non è corretto, visto che non si trattava di uno spaio completamente chiuso, ma tra loro e gli uomini è ben visibile una rete di separazione, bassa ma concreta, messa lì a evidenziare che uomini e donne hanno un ruolo diverso nella cultura del mondo islamico. E non è solo questione di religione, perché per i credenti le leggi di Allah sono al di sopra di qualunque ordinamento civile e diventano legge nella quotidianità. Le ragazze sono comunque relegate in un angolo, decentrate rispetto al predicatore, che non rivolge mai lo sguardo verso di loro, non le considera mai nel suo sermone. Un'esclusione totale per il sesso femminile, che pure viene elogiato dall'imam per la jihad che le donne stanno compiendo in Palestina.

Si rivolge agli uomini, a loro è destinato il sermone. Alle donne è concesso solamente assistere, in silenzio e in disparte, a ciò che fanno gli uomini. Eppure, davanti a questa palese ed evidente cultura della sottomissione, non si sono viste le proteste delle vetero femministe, non sono scese in piazza le integraliste di "Non una di meno" a chiedere maggiori diritti per le donne, troppo impegnate a contestare il governo su una narrazione da loro costruita che vedrebbe l'esecutivo di centrodestra su posizioni oscurantiste.

La libertà di scelta sull'aborto, che viene perseguita dal governo, per loro diventa una violenza nei confronti delle donne. La sottomissione delle donne nella cultura islamica diventa, invece, materia di omertà. I soliti due pesi e due misure del mondo occidentale.

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