"Chi viene in Italia deve rispettare le nostre regole". Scatta la stretta sul burkini in spiaggia

Monfalcone e Trieste unite nel contrasto all'usanza delle donne musulmane di fare il bagno vestite o col burkini. La battaglia in Francia che va avanti dal 2016

Immagine di repertorio
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Il caso dell'estate nell'Italia nord-orientale sembra essere l'utilizzo del burkini o, in generale, l'usanza delle donne musulmane di fare il bagno completamente vestite. A Monfalcone, il sindaco di area leghista Anna Maria Cisint, ha da prima inviato una lettera aperta alla comunità musulmana locale, invitandola a rispettare il decoro e la sensibilità della cittadinanza, e in seconda battuta ha annunciato che la sua giunta sta lavorando a un provvedimento locale per vietare questo tipo di usanza. Una mossa sostenuta anche dal sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, e dal senatore e coordinatore regionale Lega del Friuli-Venezia Giulia, Marco Dreosto.

Il "caso del burkini"

"Stiamo lavorando per la costruzione di un provvedimento adeguato che vieti il bagno in mare vestiti, con il burkini o comunque coperte. Siamo persone serie, entro ottobre sarò pronta con un provvedimento", ha dichiarato Cisint, che ha sottolineato come, dal momento in cui è stata inviata la lettera, "è calato drasticamente il numero delle donne vestite in spiaggia". Ora, prosegue il sindaco, si contano sulle dita di una mano. "Chi viene nel nostro Paese deve rispettare le nostre abitudini e le nostre regole", ha concluso, sostenendo che la battaglia fonda sul contrasto a una "logica di islamizzazione dei nostri territori, che diffonde le pratiche peggiori dei luoghi di provenienza di questi stranieri, nei quali le donne vivono ancora in una condizione di mortificazione e sudditanza".

Cisnit ha ottenuto il sostegno dal collega di Trieste e anche nel capoluogo di Regione, da sempre città mitteleuropea che guarda con favore all'integrazione di varie culture, ci sono stati problemi in tal senso. Nello storico Pedocin di Trieste, il tradizionale "bagno" dove dal 1903 i maschi sono divisi dalle donne, un gruppo di triestine ha discusso con un gruppo di musulmane che, una volta entrate nella parte femminile, volevano fare il bagno vestite. "Se vieni in Italia, sai in che Paese vieni e dunque devi adattarti", ha detto Dipiazza, sostenendo il principio della collega monfalconese.

La situazione francese

In Francia questo dibattito è aperto da anni, con maggiore intensità dal 2016. Il Paese transalpino, che ha una concentrazione molto superiore a quella italiana in merito alle donne seguaci della religione di Maometto, in alcune zone del Paese è arrivato a vietare l'utilizzo del burkini in nome della laicità dello Stato. In Francia, infatti, è vietata l'esposizione di simboli religiosi nei luoghi pubblici e il burkini, per quel che rappresenta, lo è. Ma non solo, perché nelle piscine francesi, per ragioni di sicurezza e igiene, è fatto divieto di indossare capi che non siano aderenti a corpo.

Il burkini, che ha una gonna galleggiante, nei fatti non lo è, al pari dei bermuda da uomo. Il tribunale ha di recente stabilito che autorizzarlo è una "violazione della norma generale che impone l'uso di un indumento aderente nelle piscine" e autorizzarne l'uso per ragioni religiose mina "il principio di neutralità del servizio pubblico”.

Ma il burkini è solo parte di una battaglia portata avanti in tutto il Paese in difesa della laicità, che vede anche una lotta contro l'hijab in qualunque ufficio pubblico: dipendenti pubblici devono rispettare una rigorosa neutralità, sia che siano in contatto con il pubblico o meno, quindi non è possibile indossare il velo.

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