C'è una foto bellissima di Mimmo Cattarinich, scattata durante le riprese di Medea in Turchia, in cui Maria Callas e Pier Paolo Pasolini sono seduti accanto, le schiene ad angolo, le estremità che quasi si sfiorano. La luce è sullo fondo, loro due sono avvolti dal buio. È l'immagine di due monadi che si incontrano. Due solitudini incredibilmente vicine. La foto è quella che chiude la mostra Pier Paolo Pasolini e Maria Callas. Cronaca di un amore, che sarà inaugurata oggi al Centro Studi di Casarsa (Pordenone) e che, grazie alla cura di Silvia De Laude e Giuseppe Garrera, ripercorre la storia di una relazione che, all'epoca, fu totalizzante: sia a livello personale, per i protagonisti, sia per il grande pubblico, che seguì avidamente la vicenda sui rotocalchi. E fu totalizzante proprio per via delle persone implicate: per il loro carattere, che non era da mezze misure, figuriamoci nelle passioni (così rispose PPP alla domanda, postagli da Enzo Biagi, su che cosa lo affascinasse della Callas: «Mi affascina in lei, la violenza totale dei sentimenti: cioè, quando lei prova un sentimento, non è mai un piccolo sentimento mediocre o trattenuto; quando prova un sentimento, lo prova totalmente, senza freni»); perché il soprano greco era una star assoluta alla fine degli anni Sessanta, e qualsiasi notizia o voce la riguardasse diventava da prima pagina; perché molti, compresi amici e famigliari, credettero (e perfino auspicarono) una «conversione» di Pasolini all'amore etero. Su tutti la madre Susanna che, in una intervista su Gente dell'aprile 1970, dichiarò: «La Callas è l'unica che mio figlio può sposare». Del resto, nella casa di Casarsa era appesa una foto delle due donne, che furono più volte ritratte insieme...
Fu, insomma, un amore mediatico, con tanto di (presunta) festa di fidanzamento a Grado, un anello donato dallo scrittore alla diva, e nozze annunciate più volte in prima pagina, ma mai avvenute nella realtà. Ed è proprio per questa pubblicizzazione di quella storia d'amore, anche se di un amore non secondo gli stereotipi, che i rotocalchi sono al cuore della mostra, insieme alle fotografie originali dell'epoca (una settantina, alcune inedite) e ad alcune lettere e testimonianze di amici dello scrittore. Come quella dell'avvocato e amico di famiglia Nino Marazzita, che ammette: «Tutti ci abbiamo creduto».
La vicenda comincia nell'autunno del '68, quando si viene a sapere che la Divina, dietro compenso di 150 milioni, si darà al cinema, e il regista sarà PPP. Tv Sorrisi e Canzoni titola in bella evidenza: «La Callas gira un film con Pasolini» e i motivi per incuriosire ci sono già tutti, visto che la dea dei palcoscenici era appena uscita distrutta dall'abbandono di Onassis e, in passato, aveva sempre rifiutato di fare cinema, dicendo di no a Visconti e Zeffirelli... E invece accettava di fare l'attrice per la prima volta con un regista «scandaloso», al punto che lei stessa era scappata indignata dalla sala alla proiezione di Teorema. Eppure, complici il parere di una cartomante, il viaggio a Parigi di Pasolini e del produttore Franco Rossellini, figlio di Roberto, per convincerla e, probabilmente, la voglia di rivalsa (per la carriera che, per colpa di Onassis, era un filo in declino, e per il cuore così maltrattato dall'armatore greco che le aveva preferito Jacqueline Kennedy), la Callas accettò. Il film era Medea. Un lungo ritratto apparso su Il Mondo spiegava: «Vincere è la sua vendetta». Stravincerà, almeno per un paio d'anni. Bastano poche settimane di riprese in Turchia affinché sulle riviste appaiano foto di Maria e Pier Paolo che si guardano adoranti negli occhi e si tengono la mano. Lei indossa abiti opulenti, gioielli giganteschi che pesano due chili e mezzo, lui è in boxer: sembrano due adolescenti innamorati, che siano in mezzo al deserto della Cappadocia o seduti per terra ad Anzio (quando le riprese si spostano a Roma). I giornali gongolano: la «tigre» è sempre sorridente, «ha ritrovato la felicità e l'allegria», grazie a quel regista con cui molti pensavano non sarebbe mai andata d'accordo. E invece, anche a Pasolini, dietro le lenti scure «gli occhi si illuminano» quando parla della sua protagonista.
L'attenzione cresce ancora di più dal settembre del '69, quando un ricevimento tenuto da Pasolini a Grado, per il festival di Venezia, si trasforma in «festa di fidanzamento», con gli ospiti che gridano «Viva gli sposi» (lo racconta perfino L'Europeo), si impenna davanti al dono di un anello con corniolo (in seguito al quale lei aspetta, invano, la proposta di una data per la cerimonia) e culmina in un «bacio misterioso» all'aeroporto di Fiumicino, che appare urbi et orbi alla fine di ottobre. Vari rotocalchi (anche spagnoli e francesi) parlano di nozze già fissate, forse al confine fra Usa e Messico, e insistono che, «nonostante le smentite», il matrimonio ci sarà. C'è chi rosica, chi è geloso, chi minaccia di usare le unghie contro la Callas e chi, come Il Borghese, insinua: «La donna vera non sconfiggerà i ragazzi del Porcile».
Nell'agosto del 1970, i due sono in vacanza sull'isola greca di Tragonisi con Nadia Stancioff, assistente e amica della Callas (e autrice di molte delle foto esposte), e i paparazzi impazziscono: PPP e la Divina che scherzano in spiaggia o sdraiati al sole sugli scogli, a pelo d'acqua, proprio a due passi dall'ex Onassis... Ma, nonostante il bacio clamoroso pubblicato in tutto il mondo e i continui annunci di nozze imminenti, il sì resta un sogno dei rotocalchi, dei fan, e della madre di Pasolini.
Rimangono le immagini sfavillanti di un amore privato e popolarissimo, un legame per i più incomprensibile ma che tutti vollero osservare, analizzare, giudicare, commentare. Lontanissimo e vicino, come due monadi che si sfiorano fra le antiche pietre della Turchia.
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