Oggi luci del Colosseo spente per Gilad

Oggi si spegneranno le luci del Colosseo. Per chiedere la liberazione di un ragazzo che è ancora nelle mani dei terroristi. Si tratta di Gilad Shalit, il soldato rapito il 25 giugno del 2006 in territorio israeliano per mano di Hamas. A quattro anni dal rapimento, i romani insieme ai rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali, si riuniranno in piazza per lanciare un messaggio al mondo intero: «Gilad libero subito!».
È da mesi che si prepara «Roma per Gilad Shalit», le locandine, i gruppi su Facebook, spuntano come funghi. L’appuntamento è per stasera alle 21.30, su un palco si alterneranno gli interventi e verranno proiettate sul maxischermo immagini di Gilad, da uomo libero a prigioniero dei terroristi, così alle 23 (quando in Israele scoccherà la mezzanotte) si spegneranno le luci del Colosseo, «per riaccendere una speranza», scrive un giovane su Facebook. «Il progetto è stato ideato dell’Unione dei giovani ebrei d’Italia, presieduta dal nuovo presidente Giuseppe Piperno e dal Benè Berith Giovani», spiega il presidente della comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici. «Abbiamo avviato anni fa questa campagna perché sentiamo forte il peso dell’angoscia per Gilad Shalit, che è ancora nelle mani dei terroristi di Hamas. Con il sindaco abbiamo continuato a lavorarci. Alemanno ha dato l’estate scorsa la cittadinanza onoraria a Gilad in una commovente cerimonia, presenziata dal padre di Gilad, Noam, presso la Sala Giulio Cesare del Campidoglio. Anche il presidente della Provincia Nicola Zingaretti ha fatto molto: ha pubblicato e stampato un libro con la favola che Gilad ha scritto da bambino «Quando il pesciolino e lo squalo si incontrano la prima volta», illustrato dai ragazzi della Provincia. Il Comune ha sostenuto fortemente l’iniziativa del Colosseo. Altre città d’Italia hanno aderito e le amministrazioni comunali spegneranno le luci di un monumento. «Sì, ma Roma per Gilad Shalit ha un valore particolare - continua il presidente della comunità - poiché Gilad è cittadino della capitale». La scorsa estate il sindaco ha fatto affiggere la foto di Gilad in Campidoglio, che è tutt’ora davanti al Marco Aurelio. Pacifici lancia l’appello a tutti, anche alle Ong che operano per i diritti umani nel mondo: «Gilad era un soldato quando è stato rapito all’interno dei confini nazionali d’Israele. Neanche la Cri, nel rispetto delle convenzioni di Ginevra, ha potuto verificare le sue condizioni. Poche settimane fa quando la Nave Marmara è partita alla volta di Gaza, coloro che si definiscono pacifisti si sono persino rifiutati di recapitare ad Hamas una lettera di Noam Shalit destinata a suo figlio».
In Israele nello stesso giorno ci saranno manifestazioni, in cui si chiederà al mondo intero di mobilitarsi per portare a casa il giovane rapito.

È difficile sperare che iniziative del genere abbiano un riscontro nell’immediato, Hamas ha dimostrato più volte in questi anni di restare sordo agli appelli, «ma ciò che vogliamo - sottolinea Pacifici - è sensibilizzare l’opinione pubblica. Quella contro Hamas è una guerra per rivendicare i nostri valori, che appartengono a tutta la società civile, primo tra tutti la libertà».

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