A Parigi torna la ghigliottina. Ma è solo una mostra

Si tratta della "macchina di morte" che tagliò l'ultima testa nel 1972 e che fu ritrovata anni dopo dal guardasigilli che nel 1981 abolì la pena capitale. Nell'esposizione anche opere di artisti come Degas, Goya e Warhol sui temi della giustizia e della vendetta

Appena coperta da un sottile velo nero, come si conviene ad una Vedova, e come ai tempi del Terrore (quando si ergeva in place de la Revolution, l'attuale Place de la Concorde), si staglia nell'ombra, inquietante, la lama assassina ben visibile, accanto il cestone destinato a raccogliere la testa del giustiziato. È la ghigliottina, di triste memoria, che torna in pubblico al Museo d'Orsay in occasione della mostra «Crimes et chatiments», «Delitti e castighi o il crimine visto dagli artisti», voluta dall'ex guardasigilli Robert Badinter che nel 1981 riuscì a far abolire in Francia la pena di morte. È quella che tagliò l'ultima testa, nel 1972, e che Badinter dopo molte ricerche ha ritrovato in una casamatta dell'esercito. I francesi la chiamarono la Veuve, la Vedova, in nome delle spose private del loro uomo. Spesso un delinquente, spesso colpevole di difendere cause non condivise dal potere.
«Ci siamo chiesti se era opportuno esporla - spiega Jean Clair, l'accademico di Francia curatore della mostra che si apre domani- ci siamo accorti che la ghigliottina è una vera ossessione nel periodo coperto dall'esposizione (1789-1939), in cui ha affascinato artisti e scrittori, in un crescendo di interesse per il tema del crimine». Per Badinter l'artista è affascinato dalla violazione dei tabù fondamentali, il sacrilegio, il sesso, la morte. Un interesse che si traduce in splendidi quadri spesso inediti disposti secondo un percorso tematico che parte dalla Giustizia e Vendetta che perseguono il Crimine (Pierre-Paul Prud'hon), e dal «padre del crimine», Caino che trasporta Abele (Alexandre Falguiere). Numerose le rappresentazioni dell'assassinio di Marat per mano di Charlotte Corday (Jean Joseph Weertts, Jean-Jacques Hauer, Paul Baudry, Edvar Munch, Picasso), dei briganti (spesso italiani) di Goya e Delacroix, della testa mozza di Giuseppe Fieschi che tentò di assassinare nel 1836 Luigi Filippo. E poi le «donne fatali», Lady Macbeth (Charles Loris, Johann Heinrich Fussli, Muller), Messalina (Gustave Moreau), Brunilde, e le inquietanti teste mozzate e gli arti smembrati di Gericault, i cannibali di Goya, la sedia elettrica di Warhol, gli impiccati di Victor Hugo, gli uomini di legge di Daumier.
C'è anche a sorpresa la scultura della ballerina 14enne di Degas. Che c'entra? Degas, il pittore delle figure romantiche, era un frequentatore di aule di tribunale oltre che di bordelli e appassionato delle nuove teorie del fondatore dell' antropologia criminale Cesare Lombroso. La sua ballerina dalla fronte sfuggente, fedele ai prototipi di Lombroso della donna criminale dell'epoca, «trasmetterà la sifilide ai vecchi borghesi che la frequenteranno».

E per completare il crollo di un mito, Degas era amico del pittore inglese Walter Richard Sickert, presente nell'ultima sezione della mostra con le sue prostitute nude in camere sordide che traspirano violenza, per le quali fu a lungo sospettato di essere lui, il famigerato Jack lo squartatore.

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