La provocazione choc di Zelensky: “Ingresso nella Nato o Ucraina con armi nucleari”

Il presidente ucraino Zelensky in visita a Bruxelles evoca l'opzione nucleare in alternativa all'ingresso nella Nato

La provocazione choc di Zelensky: “Ingresso nella Nato o Ucraina con armi nucleari”
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Nato o armi nucleari? È questo il dilemma quasi shakespeariano che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha esposto giovedì scorso a margine del vertice del Consiglio europeo svoltosi a Bruxelles. Alludendo al contenuto di una conversazione intrattenuta un mese fa con l’ex presidente Usa Donald Trump, l’ex comico ha spiegato incontrando i giornalisti come due siano le strade possibili per difendere l'Ucraina: entrare “in una qualche forma di alleanza” oppure “essere costretti a dotarsi di armi nucleari”.

Sebbene il ragionamento del leader ucraino sia stato considerato da molti presenti più un artificio retorico che una vera proposta - "noi scegliamo la Nato", ha concluso Zelensky - diversi osservatori internazionali lo hanno comunque definito una sorta di ultimatum. A riprova del clamore suscitato dalla conferenza stampa a Bruxelles è arrivata a distanza di poche ore la puntualizzazione del capo di gabinetto del presidente. “Noi rifiutiamo il nucleare”, ha dichiarato Andriy Yermak non riuscendo però a dissipare interamente i dubbi sull’argomento tanto più che quasi in contemporanea anche il tabloid tedesco Bild ha pubblicato un articolo in cui si confermerebbe l’interesse dell’Ucraina per le armi nucleari.

Retorica o no, quel che è certo è che Zelensky non ha sollevato a caso l’opzione nucleare. Come ha ricordato ai cronisti accorsi per ascoltarlo, 30 anni fa l’Ucraina ha accettato di disfarsi delle circa 1900 armi nucleari sovietiche collocate nel Paese in cambio di garanzie sulla sua sicurezza da parte del Regno Unito, della Russia e degli Stati Uniti. Tale intesa, nota come il Memorandum di Budapest e fortemente voluta dall’allora presidente Usa Bill Clinton, è stata definita un successo della diplomazia post Guerra fredda.

Dopo lo smantellamento di tale arsenale, l’Ucraina, accogliendo la proposta avanzata dalla presidenza Obama, ha inoltre provveduto nel 2010 a liberarsi dell’uranio altamente arricchito necessario per l’eventuale produzione di armi di distruzione di massa. C’è da dire che, già dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014, Clinton ha espresso un certo rammarico per il sostegno fornito dalla sua amministrazione al Memorandum di Budapest. Senza quell’accordo, ha ammesso l’ex presidente, Mosca non avrebbe osato aggredire Kiev.

Più sfumato il pentimento di Obama il quale in un'intervista concessa nel 2016 alla rivista The Atlantic ha dichiarato che l’Ucraina, non essendo parte della Nato, sarebbe stata in ogni caso vulnerabile al dominio militare russo. Proprio all’ex leader Usa è stata spesso rivolta l'accusa di non aver saputo rispondere con efficacia alle mosse di Vladimir Putin. Un rimprovero, stando a quanto contenuto nell’ultimo libro di Bob Woodward, condiviso persino da Joe Biden, attuale inquilino della Casa Bianca e suo ex numero due.

La tappa in Belgio di Zelensky è arrivata in una settimana cruciale per le speranze di porre fine al conflitto nell’Europa orientale. Il presidente ucraino ha infatti presentato ai dirigenti dell’Unione europea e della Nato il piano per la vittoria che prevede, tra le altre cose, l’ingresso o l’invito all’ingresso nell’Alleanza Atlantica.

Mark Rutte, il nuovo Segretario generale della Nato, ha già ribadito che il percorso di adesione di Kiev è “irreversibile”. Come e quando si svilupperà questo percorso resta però tutto da definire.

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