"L'amministrazione statunitense sta prendendo sul serio la possibilità di un allargamento della guerra". Commenta così il conflitto in corso a Gaza tra Hamas e Israele l'ex ambasciatore ambasciatore degli Stati Uniti in Israele e in Egitto, Daniel C. Kurtzer. Interpellato da questa testata a seguito dell'attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre scorso e della risposta militare di Tel Aviv, Kurtzer sottolinea che, oltre alla fase operativa e militare, occorrerà pensare a una soluzione politica per il dopo-Hamas nella Striscia di Gaza. L'ex diplomatico, docente di studi politici sul Medio Oriente presso la School of Public and International Affairs dell'Università di Princeton, tra i principali promotori della Conferenza di Pace di Madrid, che nel 1991 riunì i rappresentanti di Israele, Siria, Libano, Giordania e Autorità Palestinese, spiega che l'amministrazione Biden teme un allargamento del conflitto in Medio Oriente.
"Vi spiego la strategia degli Stati Uniti in Medio Oriente"
"Per affrontare questa possibilità e cercare di dissuadere Hezbollah e l'Iran dall'impegnarsi - racconta al Giornale.it -gli Stati Uniti hanno spostato ingenti risorse militari nella regione". L'amministrazione Biden, afferma, "si è anche impegnata intensamente a livello diplomatico, come testimoniano le diverse visite del Segretario Blinken, la visita del Segretario Austin e quella del Direttore della Cia Burns". Una volta terminata l'operazione militare per sradicare il terrorismo a Gaza e sconfiggere Hamas, occorre pensare alla fase politica. Tutt'altro che semplice. Che non potrà competere solo a Israele: "Tutti devono pensare alla situazione quando finiranno i combattimenti" afferma l'ex ambasciatore Kurtzer. "Chi garantirà la sicurezza, chi governerà, come verrà affrontato il problema umanitario, chi finanzierà e implementerà la ricostruzione sia a Gaza che nelle comunità israeliane devastate da Hamas". Inoltre, è "necessario pensare a un orizzonte politico che affronti il conflitto di fondo".
"Conosco Netanyahu dal 1989"
In una recente analisi pubblicata sulla rivista Foreign Policy, l'ex diplomatico non ha risparmiato critiche nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu. Kurtzer racconta infatti che Netanyahu, durante la presidenza di Barack Obama, "ha messo a repentaglio la relazione strategica più importante di Israele", quasi "mandando fuori dai binari le relazioni Usa-Israele" e opponendosi duramente e pubblicamente all'accordo sul nucleare iraniano, il Jcpoa siglato nel 2015, affossato due anni più tardi dall'amministrazione Trump. Le difficili relazioni di Netanyahu con gli Stati Uniti, racconta l'ambasciatore, "sono iniziate ben prima dell’amministrazione Obama. L'ho incontrato per la prima volta nel 1989", quando lui era "vice ministro degli affari esteri di Israele e io ero vice segretario di stato aggiunto, in visita in Israele come parte della squadra di pace del segretario di stato James Baker".
Durante un pranzo nella residenza del Primo ministro, "ero seduto accanto a Netanyahu e abbiamo parlato a lungo. Con mia sorpresa, Netanyahu ha chiarito di non essere soddisfatto della politica del suo stesso primo ministro". Questo, naturalmente, generò "una situazione imbarazzante: L'amministrazione statunitense era più favorevole a un piano di pace israeliano di uno dei suoi più alti funzionari". Qualche tempo dopo, l'assistente di Baker "mi convocò nell'ufficio del segretario.
Un Baker furioso sventolava un comunicato stampa con un titolo scioccante: Netanyahu: gli Stati Uniti sono costruiti su bugie e falsificazioni". Ma il futuro di Bibi e le sue responsabilità - politiche - dell'attacco del 7 ottobre scorso, verranno sviscerate e affrontate in patria più avanti. Ora c'è una guerra da combattere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.