Economia e stabilità dei Paesi africani: la vera sfida che l'Onu non deve più rimandare

Meloni può portare agli occhi dei leader mondiali l'emergenza migratoria che preme sull'Italia e il "Piano Mattei" dell'esecutivo giocherà un ruolo fondamentale nella cooperazione con il continente

Economia e stabilità dei Paesi africani: la vera sfida che l'Onu non deve più rimandare
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Giorgia Meloni è diretta a New York per prendere parte all’apertura della 78esima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Un’altra "prima volta" in un importante consesso internazionale per la presidente del Consiglio, che però – dopo aver già preso parte ai summit G7 e G20 – ha dato già prova di rappresentare bene l’Italia guadagnando considerazione tra i grandi e di muoversi a suo agio negli ambiti multilaterali di più ampio respiro rispetto ai consessi europei frenati da rivalità e gelosie nazionali.

L’intervento della presidente del Consiglio durante la plenaria al Palazzo di Vetro è programmato per giovedì pomeriggio e sarà il culmine della sua partecipazione all’appuntamento annuale dell’Onu a cui prendono parte i leader degli Stati membri. Per la premier non mancherà tuttavia l’occasione di partecipare a riunioni parallele e di incontrare informalmente i propri omologhi per discutere questioni di estrema urgenza e attualità, come quella dei flussi migratori nel Mediterraneo, dell’ambiente, della sicurezza alimentare, dell’energia, della sanità e della istruzione.Il tempismo con cui si svolge l’appuntamento di New York offre al governo italiano un’importante opportunità per mettere in luce davanti agli occhi dei leader di tutto il mondo come il nostro Paese necessiti di maggiore aiuto e coordinamento internazionale per far fronte alla questione migratoria che – ormai dovrebbe essere chiaro a tutti – non è più ciclica o legata a situazioni congiunturali ma, al contrario, è destinata ad assumere tratti sempre più duraturi e strutturali.

Basta un dato per comprendere la portata epocale di questo fenomeno: stando alle previsioni odierne, entro il 2050 la popolazione africana è destinata ad aumentare di un miliardo di persone, toccando i due miliardi e mezzo. Di fronte a questi numeri, è dunque evidente che se i Paesi africani (sia quelli della regione mediterranea che di quella sub-sahariana) non saranno messi nelle condizioni di intraprendere un percorso di sviluppo economico e sociale stabile e robusto, l’unica alternativa per sempre più milioni di persone sarà quella di mettersi in viaggio verso l’Europa in cerca di un futuro migliore.

I futuri trend demografici sembrano dunque dire all’Unione Europea che affidarsi a politiche di accoglienza miopi e prive di una vera solidarietà tra gli Stati membri non sia una strategia vincente. Servirebbe invece una visione di lungo periodo, che in parallelo al dovere del salvataggio in mare e dell’accoglienza pensi a garantire un vero sviluppo al continente africano. A dire il vero, alcune iniziative partorite negli anni scorsi dall’Ue – come ad esempio il Global Gateway, finalizzato a rafforzare la dotazione infrastrutturale dei Paesi africani – sembrano andare in questa direzione. Mancano però risorse finanziarie sufficienti per consentire a questo e ad altri piani di "camminare" con le proprie gambe. Per l’Italia si presenta quindi in questo momento un’importante opportunità sul palcoscenico internazionale per eccellenza quale il grande e storico anfiteatro della Assemblea generale dell’Onu.

La pressione migratoria di queste ultime settimane verso l’approdo di Lampedusa evidenzia che occorre un cambio di strategia e i piani proposti dal governo italiano sembrano andare nella giusta direzione. Al recente G20 in India, la premier Meloni è stata tra i principali sostenitori della proposta di ammettere a pieno titolo tra i membri del forum anche l’Unione Africana, per dare maggiore voce a un continente vastissimo ed eterogeneo (composto da 54 Stati) che fino ad oggi era stato rappresentato solo dal Sudafrica. Tra poche settimane il governo presenterà finalmente nei dettagli l’annunciato "Piano Mattei", che prevede di rafforzare la cooperazione economica tra Italia e partner africani sulla base di un modello paritario e non predatorio delle ingenti risorse di cui è dotato il continente. Non è un caso se il piano prende il nome proprio dal fondatore dell’Eni ed è lecito presumere che, proprio grazie alla presenza strategica delle più grandi aziende italiane nei Paesi africani, vengano favoriti nuovi investimenti finalizzati a creare stabilità sociale e sicurezza economica perseguendo in parallelo anche l’interesse nazionale italiano, come ad esempio quello di conseguire una sempre maggiore autonomia energetica.

A New York Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri Tajani avranno l’opportunità di giocare un ruolo attivo e da protagonisti su una delle questioni chiave che caratterizzeranno le relazioni internazionali nei prossimi decenni.

L’auspicio è che, attraverso la nostra azione diplomatica, si riesca a fare sponda con quanti più partner possibili, non solo in Africa ma anche all’esterno come gli Stati Uniti - alle prese purtroppo in questo momento con una competizione elettorale interna epocale - per cercare soluzioni concrete, durature e condivise.

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