Boss e ladruncoli in libertà. Riforma Cartabia, altre accuse

La denuncia di Scarpinato (M5s): serve una modifica. Magistrati divisi, ma per tanti reati non cambia nulla

Boss e ladruncoli in libertà. Riforma Cartabia, altre accuse

La (complessa) applicazione della riforma Cartabia diventa l'alibi delle toghe «politicizzate», che si servono dei giornali e dei partiti amici per mandare pizzini al governo in vista della prossima riforma della giustizia. C'è molta confusione in questa prima fase di applicazione, forse si sarebbe dovuta fare una seria depenalizzazione, come promette il Guardasigilli Carlo Nordio. Ma prima bisogna insediare il nuovo Csm con un vicepresidente «non ostile» al centrodestra, impresa difficile ma non impossibile.

Che la Cartabia sia discutibile è opinione bipartisan, ma su certi reati non è cambiato nulla. «Anche per quelli perseguibili a querela è doveroso che autorità giudiziaria e polizia compiano di propria iniziativa indagini preliminari e raccolgano elementi probatori ai sensi dell'articolo 346 del codice di procedura penale», spiega l'avvocato Ivano Iai, che sottolinea come senza querela depositata nei termini previsti il pm dovrà chiedere l'archiviazione al Gip «sempre che il reato perseguibile a querela non concorra con altro reato procedibile d'ufficio».

Fa sorridere pensare che molti magistrati si strappano le vesti per ladruncoli e scippatori potenzialmente in libertà (quanti ne abbiamo visti in cella in questi anni?) dopo anni a sentire le toghe rosse vagheggiare quanto fosse ingiusto «condannare un esercito di miserabili» e di come fosse necessaria una «giurisprudenza alternativa, organica al movimento di classe». Il problema è che in Italia l'obbligatorietà dell'azione penale è una barzelletta. Ci sono processi che si sa già finiranno prescritti che non dovrebbero nemmeno iniziare, ci sono indagini delicate che spesso vengono frettolosamente archiviate o riaperte troppo tardi. Grazie alla «giustizia di classe» la discrezionalità dei pm e dei giudici è massima. Lo si è visto per gli ultras daspati e armati rimessi in libertà nonostante i precedenti violenti. O per l'automobilista di 63 anni che l'altro giorno, dopo aver travolto due ragazzini miracolosamente illesi e aver aggredito un vigile, è stato rimandato a casa dal giudice «purché vada a piedi» e senza neanche l'ergastolo della patente previsto dalle norme sull'omicidio stradale. Come conferma l'avvocato Domenico Musicco, che lamenta l'ipocrisia dei Cinque stelle: «Anche prima per la violenza privata serviva la querela di parte, le donne dovevano fare mille denunce eppure restavano inascoltate e ammazzate».

Il sostituto procuratore a Rimini Stefano Celli, intercettato nell'intervallo di una riunione «operativa» con colleghi e personale di cancelleria sulla Cartabia, ragiona con il Giornale: «Due settimane sono poche, il problema di fondo di tutte le riforme importanti è che non ne verifichiamo mai gli effetti. Vale per le modifiche alla prescrizione di Alfonso Bonafede o a quelle sulle intercettazioni di Andrea Orlando». «Ci sono due anni di tempo per tutti gli eventuali necessari correttivi alla riforma Cartabia», dicono fonti di Via Arenula. «Sì, ma rubare una ruota bucata o un bancomat significa commettere lo stesso reato, punibile in astratto con la stessa pena sebbene il primo possa essere considerato di irrilevanza penale», insiste Celli, che rappresenta Md nel cosiddetto Parlamentino Anm della magistratura. «Il problema non sono le singole disposizioni, per la maggior parte apprezzabili perché rispondono a esigenze di diritto condivisibili - sottolinea Cesare Parodi di Magistratura indipendente, procuratore aggiunto a Torino - manca una valutazione attenta sulla ricaduta della riforma, che va correttamente metabolizzata, sui problemi organizzativi, amministrativi e sulle piante organiche, certamente da rivedere».

Anche l'allarme sui reati mafiosi lanciato dall'ex pm M5s Roberto Scarpinato con l'annuncio di un disegno di legge ad hoc è tutto da decifrare. A Palermo la Procura ha chiesto e ottenuto l'inefficacia della misura cautelare per tre mafiosi, arrestati prima dell'entrata in vigore della legge per aver picchiato due rapinatori colpevoli di un colpo «sbagliato».

I boss restano in cella per altri reati, il presidente del tribunale di Palermo Antonio Balsamo chiede di «ripristinare la procedibilità d'ufficio per i sequestri di persona realizzati da organizzazioni mafiose». «Ma il problema dell'aggravante mafiosa esiste da trent'anni», lamenta Gian Luigi Gatta, professore di Diritto penale all'Università di Milano e ortodosso «custode» della riforma. E Scarpinato dovrebbe saperlo bene...

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