Liberal-democratici, radicali, ex democristiani, liberali. Il centro che guarda alla sinistra cerca un leader ma al suo interno ha tutto e il contrario di tutto. E le sigle che lo rappresentano sono una miriade, tanto che si fa fatica perfino a contarle. Si arriva a tredici, arrotondando per difetto, senza menzionare i movimenti che forse esistono solo sulla carta. Nel fu «campo-largo» si parla di un «federatore», ma i consensi dell'area sono pochi e i partiti troppi. Ernesto Maria Ruffini, ex direttore dell'Agenzie delle Entrate, il sindaco di Milano Beppe Sala e l'ex commissario europeo Paolo Gentiloni sono i nomi che circolano per questa «cosa» che dovrebbe essere una gamba della coalizione progressista, accanto al Pd. Ma cosa c'è dietro? Tutto parte dal Terzo Polo naufragato sotto i colpi dei litigi tra Matteo Renzi e Carlo Calenda. E quindi, ecco le prime due forze politiche della galassia: Azione e Italia Viva. La prima dialoga con i dem ma sogna ancora un centro autonomo, mentre i renziani sono stati folgorati sulla via del Nazareno. E infatti da una mini-scissione di Iv è nato il movimento Orizzonti Liberali del deputato Luigi Marattin. Marattin vuole rifare addirittura il Terzo Polo e guarda ai LibDem dell'ex senatore dem Andrea Marcucci. Ma anche al movimento «Drin-Drin» dell'economista Michele Boldrin e dell'imprenditore-opinionista Alberto Forchielli. Al centro del centrosinistra si può collocare anche +Europa, di Riccardo Magi, Benedetto Della Vedova ed Emma Bonino. Però i post-radicali sono divisi. Infatti ci sono i Radicali Italiani, che alle europee hanno dato vita alla lista Stati Uniti d'Europa insieme a +Europa e Italia Viva. Resiste il Partito Radicale, indipendente, alle europee alleato di Forza Italia. Gravita nell'area liberal democratica anche il movimento Volt, di ispirazione paneuropea e progressista, che ha candidato suoi giovani esponenti all'interno delle liste del Partito Democratico sia alle elezioni politiche del 2022 sia alle elezioni europee di quest'anno.
Tra le sigle centriste apparentate con il Pd troviamo i Centristi per l'Europa di Pier Ferdinando Casini e Demos (Democrazia Solidale) del cattolico Paolo Ciani. Entrambi eletti in Parlamento con le liste dei dem. Il Movimento, che si definisce cattolico democratico e di ispirazione cristiana, alle europee ha sostenuto l'ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio, al centro di polemiche, all'interno dello stesso Pd, per le sue posizioni sulla guerra In Ucraina. Anche Tarquinio è stato eletto come indipendente nelle liste dei dem all'Europarlamento di Bruxelles. L'unico seggio conquistato dagli scissionisti ex grillini di Luigi Di Maio, raggruppati nello sfortunato contenitore di Impegno Civico, è quello di Bruno Tabacci. Leader del Centro Democratico, che - nel dibattito sul federatore centrista - ha bocciato Sala e promosso Ruffini. «Federatore? Sala non ha il fisico», il commento di Tabacci. Mentre «Ruffini è una novità solida, una personalità equilibrata», il giudizio dello storico esponente ex Dc. Tra gli ex democristiani che non guardano al centrodestra è il caos. Beppe Fioroni, fuoriuscito dal Pd dopo l'elezione di Elly Schlein come segretaria, ha fondato il movimento Tempi Nuovi. Sigla che è confluita nella Piattaforma Popolare, grazie al patto con Pop-Popolari in Rete di Giuseppe De Mita, figlio dell'ex leader dello scudo crociato Ciriaco. Alla piattaforma ha aderito anche Popolari per l'Italia di Mario Mauro, che però in alcune regioni, come il Molise, sostiene il centrodestra.
E non bisogna dimenticare l'ex ministro Clemente Mastella, attuale inossidabile sindaco di Benevento, animatore del movimento Noi di Centro. «Sala non può fare il federatore e Ruffini sta sbagliando», ha commentato Mastella, a proposito del dibattito sul «federatore» dei tanti centristi senza bussola e con tanti partiti. Forse troppi.
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