I cronisti politici già lo chiamano il «patto di Villa Grande». E si appuntano la data dell'incontro tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini nella residenza romana del Cavaliere a più di un anno dal loro ultimo faccia a faccia. Un «patto», spiegano i diretti interessati, che coinvolge anche l'assente Giorgia Meloni. Dopo la gaffe del leader del Carroccio, che aveva parlato di «centrodestra forza di governo», e la tempestiva replica della Meloni («noi opposizione responsabile»), la coalizione si è ricompattata sull'agenda delle prossime settimane. Quando sarà sciolta la riserva, quando Mario Draghi avrà ottenuto la fiducia dal Parlamento, si potrà finalmente pensare al prossimo turno delle amministrative. Perché davanti agli elettori il centrodestra ritrova la sua unità e la sua coesione. D'altronde lo ripete lo stesso Berlusconi ai suoi, una volta tornato ad Arcore dopo la caduta in casa a Roma per fortuna senza conseguenze come hanno accertato i medici della clinica La Madonnina: «Il centrodestra rimane la nostra prospettiva politica. Rispetto, pur non condividendola, la scelta della Meloni». Già la settimana prossima potrebbe esserci un vertice dei rappresentanti della coalizione. A quel tavolo arriveranno tutti convinti del percorso fin qui sostenuto. A partite dalla Meloni che proprio ieri ha incassato l'approvazione unanime dell'assemblea che raccoglie sia i parlamentari italiani che quelli europei. Come proposto dalla leader, i parlamentari hanno anche confermato il loro massimo impegno alla Camera, al Senato e al Parlamento europeo sui temi concreti e le misure utili ad aiutare la Nazione.
Anche Antonio Tajani parla di spirito di servizio e di aiuto alla Nazione. «Per questa partita - spiega con una metafora calcistica il numero due di Forza Italia - ci togliamo la maglietta della nostra squadra e indossiamo quella della nazionale». Che è più o meno quanto ribadiva ancora ieri Matteo Salvini ai cronisti che lo incalzavano sulle «divisioni» del centrodestra. «Ci occupiamo dell'Italia non dei partiti». Ed è poi il punto che unisce Forza Italia e Lega: quello di Draghi non è un governo espressione di una nuova maggioranza politica, bensì un «governo dei migliori» chiamato a traghettare il Paese fuori da questa emergenza economico-sanitaria. «Questo governo - ha spiegato bene l'azzurro Giorgio Mulè - non nasce per rifare l'Italia ma per uscire dall'emergenza». Ecco perché, spiegano, non è necessario puntare sui propri punti programmatici creando così una inestricabile rete di veti. «Draghi nel secondo incontro ci ha detto quello che deve essere il progetto per l'Italia - ha ricordato Tajani -: ha insistito molto sull'europeismo, sull'atlantismo, sulla politica fiscale che non incrementerà la pressione delle tasse nei confronti dei cittadini: anche questo va nella direzione giusta. Il primo segnale assolutamente positivo è basta tasse».
Ora l'attenzione di tutti è concentrata nella scelta della squadra di Draghi. Non tanto per capire quanto sarà «politico» e quanto sarà «tecnico» l'esecutivo. Piuttosto per capire se in quella squadra verranno arruolati persone che sono in ballo anche per le candidature al prossimo turno delle amministrative.
Come è il caso di Guido Bertolaso, che Forza Italia vuole portare come candidato del centrodestra al Campidoglio. Nome sul quale ancora non c'è l'accordo di tutta la coalizione ma che potrebbe saltare qualora entrasse nella compagine che affianca Draghi.
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