Dalla tragedia di Suviana, al Jobs Act, fino all'approccio da tenere col governo ormai è scontro totale tra la Cisl e la Cgil. Il segretario generale del sindacato bianco, Luigi Sbarra, dal palco dell'assemblea nazionale al PalaTiziano di Roma ieri ha cannoneggiato contro il collega Maurizio Landini: «Sono indecenti e pericolosi i toni demagogici con cui altri vorrebbero darci lezioni di sindacato. Perché incendiano la temperatura sociale, arroventano e spezzano i rapporti tra persone nei luoghi di lavoro. Mettono lavoratori contro lavoratori. Portando dentro le fabbriche un clima che il nostro Paese ha già conosciuto».
Del resto, il leader del sindacato rosso, stretto alleato della sinistra, è ormai nel pieno di una lotta politica contro il governo. Un furore ideologico al quale Sbarra non ritiene di aderire. E questo lo ha fatto inevitabilmente finire nel mirino di Landini: «La Cisl non sciopera nemmeno davanti ai morti», aveva attaccato l'ex leader della Fiom dopo la scelta della Cisl di non aderire allo sciopero della Cgil all'indomani dell'incidente alla centrale elettrica che ha causato 7 vittime. Una frase che «più che dura è falsa, e anche pericolosa», ha ribattuto Sbarra davanti alle 6mila persone accorse in piazza da tutte le parti d'Italia. «Landini ha perso l'occasione per parlare d'altro», aveva dichiarato in precedenza al Sole 24 Ore, «mostrando poco rispetto per una grande organizzazione come la Cisl e anche una certa confusione sui fatti. Dimentica che a poche ore dalla tragedia di Suviana la Cisl ha proclamato 4 ore di sciopero nazionale nel gruppo Enel». Sbarra non è certo meno sensibile al problema dei morti sul lavoro: «la magistratura deve fare luce al più presto», dice a proposito di Suviana, allargando poi la vicenda in un quadro più ampio, «I morti sono più di mille all'anno, come se sparisse più di un paese italiano». E poi: «Chiediamo al governo e al sistema delle imprese» il confronto «per varare misure e provvedimenti necessari a porre fine a questa carneficina». Al posto dello scontro politico col governo fine a se stesso, Sbarra privilegia il dialogo e il dibattito: invita a «usare le risorse in avanzo dell'Inail, quasi 3 miliardi, per la formazione obbligatoria», allargare la patente a punti introdotta dal governo «a tutti i settori produttivi», «potenziare gli organici degli ispettori» per aumentare i controlli. Proposte concrete, insomma: «Questa piaga» delle morti sul lavoro «non la si affronta con la demagogia e il populismo di chi ci dice «chiudiamoci nella piazze, magari con qualche scioperino, ma va affrontata con equilibrio e serietà».
Sbarra si smarca anche sul tema lavoro, sul quale Landini accusa il governo di perpetrare una politica di precarizzazione del lavoro. Poco importa se gli ultimi dati dell'Istat certificano il contrario: +603mila contratti stabili in un anno. E mentre la Cgil raccoglie le firme per abolire il Jobs Act e quindi ripristinare l'articolo 18, il segretario della Cisl rifila un'altra staffilata al collega: «Il Jobs Act è stata una grande riforma, non priva di alcune lacune ma con altri aspetti positivi». E prosegue con un fendente al cuore a uno dei grandi totem della sinistra: «È sbagliato rialzare la bandiera anacronistica dell'art. 18. La vera tutela da conquistare si chiama formazione».
Il capo della Cisl, infine, ha difeso l'autonomia del suo sindacato: con Cgil e Uil «abbiamo obiettivi comuni ma sensibilità diverse. Guai ad affidarsi al pensiero unico, il pluralismo sindacale è una grande ricchezza e la Cisl lavora per la coesione e l'unità nazionale. Il sindacato fa i conti con la realtà, non può vendere sogni».
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