Consulta: no al terzo sesso riconosciuto all'anagrafe

La Corte costituzionale boccia l'identità giuridica fuori dal genere binario: "Si esprima il legislatore"

Consulta: no al terzo sesso riconosciuto all'anagrafe
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Il «terzo genere», cioè né maschile né femminile, bocciato dalla Corte costituzionali. In particolare per quanto riguarda il riconoscimento giuridico di un genere cosiddetto «non binario». Ieri la Consulta, con il deposito della sentenza 143, ha dichiarato inammissibile la questione di rettifica di attribuzione di sesso, cambiandola in «un genere non binario» nell'atto di nascita.

Il quesito di legittimità era stato sollevato dal Tribunale di Bolzano dopo la richiesta di una persona transgender, biologicamente donna ma che stava cambiando sesso e chiedeva di correggere l'indicazione del sesso sul proprio atto di nascita da «femminile» ad «altro». La Corte in sostanza salva l'articolo 1 della legge numero 164 del 1982, nella parte in cui non prevede che la rettifica possa determinare l'attribuzione di un genere «non binario» (né maschile né femminile). E dichiara che «l'eventuale introduzione di un terzo genere di stato civile avrebbe un impatto generale, che postula necessariamente un intervento legislativo di sistema, nei vari settori dell'ordinamento e per i numerosi istituti attualmente regolati con logica binaria». La sentenza sottolinea che la caratterizzazione binaria (uomo-donna) è alla base, tra l'altro, del diritto di famiglia, del lavoro e dello sport, della disciplina dello stato civile e del prenome (nome di battesimo), della conformazione dei «luoghi di contatto», come carceri, ospedali e simili.

Poi la Consulta affronta un secondo aspetto del problema. «La percezione dell'individuo - si legge ancora - di non appartenere né al sesso femminile, né a quello maschile, da cui nasce l'esigenza di essere riconosciuto in una identità altra, genera una situazione di disagio significativa rispetto al principio personalistico cui l'ordinamento costituzionale riconosce centralità (articolo 2 della Costituzione)». Non solo: «Nella misura in cui può indurre disparità di trattamento o compromettere il benessere psicofisico della persona, questa condizione può del pari sollevare un tema di rispetto della dignità sociale e di tutela della salute, alla luce degli articoli 3 e 32 della Costituzione». Ne consegue che «tali considerazioni, unitamente alle indicazioni del diritto comparato e dell'Unione europea, pongono la condizione non binaria all'attenzione del legislatore, primo interprete della sensibilità sociale». Serve dunque una legge sul «terzo genere».

Infine la questione del cambio di sesso e dei passaggi richiesti dalla legge. Qui la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 31, comma 4, del decreto legislativo 150 del 2011, nella parte in cui «prescrive», cioè richiede, «l'autorizzazione del tribunale al trattamento medico-chirurgico anche qualora le modificazioni dei caratteri sessuali già intervenute siano ritenute dallo stesso tribunale sufficienti per l'accoglimento della domanda di rettificazione di attribuzione di sesso». La Consulta sottolinea come, potendo il percorso di transizione di genere «compiersi già mediante trattamenti ormonali e sostegno psicologico-comportamentale, quindi anche senza un intervento di adeguamento chirurgico», la prescrizione dell'autorizzazione è «irragionevole». La sentenza ha provocato diverse reazioni politiche. «Avere solo immaginato che un Tribunale potesse imporre un terzo genere (oltre a quello femminile e maschile) spiega la follia di una visione ideologica di fronte alla quale non possiamo non opporci con totale fermezza», dichiara Alessandro Urzì, capogruppo di Fdi in Commissione affari costituzionali della Camera, che aggiunge: «Sin tanto che ci sarà al governo questa maggioranza una legge per riconoscere un terzo sesso non sarà fatta».

Mentre Alessandro Zan, responsabile Diritti nella segreteria del Pd: «Finalmente è stata dichiarata illegittima l'autorizzazione del giudice per l'intervento chirurgico nei percorsi di affermazione dell'identità di genere».

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