M5S, ora è guerra nel partito: Conte rischia l'effetto domino

Il governo deve fare i conti con le dimissioni di Lorenzo Fioramonti. Ma è la partita interna ai grillini che rischia d'innescare un effetto domino

M5S, ora è guerra nel partito: Conte rischia l'effetto domino

Le dimissioni dal governo Conte bis dell'ex ministro Lorenzo Fioramonti come caso spartiacque in grado d'innescare una crisi più seria. Le disamine di questo tipo iniziano ad essere parecchie. Se non altro perché sul banco degli imputati, in chiave metaforica, non c'è tanto l'accadimento in sé, quanto le modalità politiche con cui viene gestito adesso il MoVimento 5 Stelle. La linea generale tenuta dai grillini nei confronti dell'alleato di governo non è condivisa da tutti.

Così come non tutti i grillini, specie nella base elettorale, sono concordi sul da farsi nei confronti del Pd. Quel Partito democratico con cui, dopo anni di baruffe, i pentastellati hanno deciso di andare d'accordo anche per evitare lo scenario delle urne anticipate. E le spinte di queste ore, quelle finalizzate a far sì che la fuoriuscita del vertice del dicastero dell'Istruzione rientri subito, vanno interpretate anche alla luce degli equilibri interni. Come se un singolo episodio potesse far venire meno l'equilibrio generale. Il tutto, poi, va considerato anche alla luce dell'interesse manifestato da alcuni parlamentari del MoVimento 5 Stelle nei confronti della Lega di Matteo Salvini. Qualcosa sta scricchiolando. Negarlo è praticamente impossibile.

A rimetterci, com'è pronosticabile, potrebbe essere proprio il governo. Una delle analisi più recenti è quella di ItalPress, che parla di possibile "effetto domino". Tra chi confida in una sorta di colpo di teatro del premier Giuseppe Conte - un colpo che sarebbe teso a rassicurare l'ex ministro sull'esistenza delle coperture economiche richieste - e chi invece pensa di sfruttare la vicenda dimissionaria come un assist tanto generico quanto decisivo. Chi, tra i grillini, non condivide affatto la linea imposta dall'alto, può ritrovarsi dinanzi una porta spalancata, grazie alle polemiche e agli effetti che vengono alimentati. E si parla pure di come Beppe Grillo, Luigi Di Maio e Davide Casaleggio possano essere chiamati in causa per una "riflessione complessiva". Si tratta di ipotesi già ventilate nel corso dei mesi scorsi.

Ma per ora la struttura verticistica dei pentastellati è sembrata sempre certa della bontà della strada intrapresa. La sensazione è che le giustificazioni al gesto fornite da Lorenzo Fioramonti possano essere ritenute valide da più di qualche esponente di spicco dei Cinque Stelle: "Non possiamo continuare a governare il Paese con la paura di perdere consenso: alla fine tutto questo si trasforma in paura del futuro - ha esordito. Stiamo vivendo un momento storico - ha affermato l'ex ministro - e abbiamo un'occasione irripetibile: un governo progressista può e deve sincronizzare l'Italia sull'orologio delle nazioni più progredite, che da anni hanno già fatto quello che io provo a proporre. A partire da un finanziamento importante, continuo e puntuale a ricerca, università e scuola. Il Ministero dell'Istruzione - ha aggiunto, come riportato dalla agenzia sopracitata - assolve a compiti e responsabilità enormi: entra tutti i giorni nella vita di milioni di famiglie, studenti, lavoratori. E' solo partendo dall'istruzione che possiamo costruire insieme una narrazione diversa, una nuova idea di Paese". Parola che pesano come una spada di Damocle sul futuro dell'esecutivo. Perché sembrano riecheggiare la stessa piattaforma programmatica con cui i grillini si sono presentati al Belpaese. Quella cui, secondo i critici, il MoVimento è venuto meno.

Esiste già uno schematismo in grado di raccontare quello che sta succedendo all'interno della creatura lanciata da Beppe Grillo: la corrente di sinistra, quella che fa riferimento al presidente della Camera Roberto Fico, non sta affatto prendendo le distanze dalle riflessioni avanzate dall'ex ministro. Un segnale chiaro dell'esistenza di una spaccatura. La corrente "dorotea", per così dire, quella capeggiata da Luigi Di Maio, è di tutt'altro parere. E non potrebbe essere altrimenti.

Attenzione, poi, al nome di chi prenderà il posto del ministro rinunciatario: potrebbero esserr ripescate Barbara Lezzi o Giulia Grillo, che sono già state ministro ai tempi del governo gialloverde. Ma vengono ventilate anche altre eventualità. Di Maio potrebbe optare per una personalità di sua stretta fiducia, mettendo all'angolo i "fichiani". Ma l'effetto domino potrebbe palesarsi in ogni caso.

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