Torna l'incubo tubercolosi a Napoli. Dopo un calvario di oltre un anno è morta una dottoressa del pronto soccorso dell'ospedale San Paolo di Fuorigrotta. Il decesso è avvenuto la notte scorsa al Cotugno, l'ospedale per le malattie infettive. Ed è allerta tra i medici e gli infermieri dell'ospedale napoletano. Come se non bastasse ieri è arrivata anche la notizia della positività al test di un altro medico in servizio presso lo stesso istituto. «Ma non c'è alcuna emergenza e nessun rischio di contagio», prova a minimizzare il consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, componente della Commissione sanità. «Stando a quanto riferitomi - spiega - la positività dell'altro medico non preoccupa perché essere positivi non significa aver sviluppato la malattia ma solo che si sono formati gli anticorpi per combatterla, una condizione comune a diverse persone. Sono state comunque avviate tutte le procedure per garantire che non ci sia alcun rischio per chi ha avuto a che fare con le persone coinvolte».
Ma negli ultimi giorni sono stati segnalati altri due casi di tubercolosi. Il primo, mercoledì scorso, in una scuola elementare di Lendinara, provincia di Rovigo, dove una bambina di origine straniera è stata trovata positiva all'esame tbc. La scuola «Ulss 5 Polesana» ha sollevato il caso dopo aver riscontrato la positività e ha di conseguenza deciso di convocare tutti i bambini della medesima classe a sottoporsi alla profilassi. L'altro caso è stato segnalato ieri nel territorio di Santi Cosma e Damiano, sud Pontino. Riguarda un giovane immigrato africano che la scorsa settimana a un controllo aveva esibito i sintomi della tbc. Ora è sotto controllo.
Il legame tra migranti e tubercolosi è stato recentemente rilanciato dal ministro dell'Interno Matteo Salvini.
«Quando parliamo di migranti - spiega il prof Babudieri, Direttore Scientifico della Simspe Onlus - dobbiamo ricordarci che si tratta di persone che tendono a non curarsi. In aumento per loro è soprattutto la tubercolosi, con la possibilità di aumentare la circolazione di ceppi multiresistenti ai farmaci. Ci vorrebbe maggiore attenzione nei centri migranti».
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