Ridurre le sanzioni nei contenziosi con il Fisco, renderle proporzionate, riportarle nella media europea. È arrivato ieri in consiglio dei ministri, che lo ha approvato in via preliminare, il decreto attuativo della riforma fiscale sulle sanzioni amministrative e penali tributarie. È uno dei tasselli della riforma dell'esecutivo Meloni, in cui si mira a riscrivere la cornice dei rapporti tra cittadino e Fisco. Di fatto si interviene per alleggerire le sanzioni di chi non ha pagato, magari perché costretto da difficoltà economiche, e si introducono meccanismi di compensazione tra le sanzioni da irrogare e quelle già irrogate.
Si tratta di sanzioni che nel caso dell'Iva arrivano anche al 240%. Quasi «da esproprio», le aveva già definite il vice ministro dell'Economia Maurizio Leo che ieri ha parlato di «rivoluzione fiscale, mirata a costruire un sistema più equo e giusto a vantaggio di cittadini e imprese». Le sanzioni amministrative «verranno ridotte da un quinto a un terzo, avvicinandole ai parametri europei e introducendo un principio di maggiore proporzionalità». Un'urgenza indicata anche dalla Corte costituzionale che ha evidenziato la necessità che le sanzioni tributarie siano «proporzionate».
Insomma, chi commette violazioni in materia di tasse pagherà al massimo il 120% dell'ammontare dovuto. Questa sarà la sanzione se non si presenta la dichiarazione dei redditi e dell'Irap o la dichiarazione del sostituto d'imposta. Mentre se si dichiara meno dell'accertato o del dovuto, la sanzione, passa dall'attuale 90-180%, al 70%. Viene però aumentata «al doppio» in caso di comportamento fraudolento. «Verranno colpiti - prosegue Leo - i comportamenti fraudolenti, simulatori ed omissivi a danno del fisco. Lo Stato deve venire incontro ai contribuenti onesti, ma non può e non deve abbassare la guardia nei confronti di coloro che fanno i furbi».
Sul fronte penale «verranno adeguate le norme relative alla non punibilità aiutando chi non può pagare per cause di forza maggiore», spiega il viceministro. Il decreto infatti prevede l'esclusione della punibilità per omesso versamento delle imposte per chi ha avuto difficoltà finanziarie, purché rateizzi e saldi il dovuto. E si stabilisce che l'indebita compensazione non sia punita quando esiste «incertezza» nella valutazione dei crediti non spettanti. Resta comunque la punibilità con la reclusione da sei mesi a due anni per chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro. Arriva anche la possibilità, per chi ha crediti «non prescritti, certi, liquidi ed esigibili nei confronti della Pa di compensarli con le somme dovute per sanzioni e interessi sui mancati versamenti di imposte sui redditi. Non sarà punito chi corre ai ripari con dichiarazione integrativa e versamento entro 60 giorni, se la violazione è stata causata dall'incertezza della norma, cioè «sempre che la violazione sia dipesa da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria».
Il testo prevede anche che non si debbano sequestrare i beni se il debito tributario è stato rateizzato e il contribuente è in regola con i pagamenti, «salvo che sussista il concreto pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale, tenuto conto della gravità del reato».
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