I colloqui per giungere a un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza sono «sull'orlo del collasso». A riportarlo è Politico che cita due funzionari statunitensi e due israeliani. Israele e Hamas restano più distanti che mai. «Se Sinwar non vuole l'accordo - ha sottolineato una fonte - c'è la possibilità che l'Iran attacchi e la situazione degeneri». E proprio il nuovo capo politico di Hamas, Yahia Sinwar, divenuto tale dopo l'uccisione del predecessore Ismail Haniyeh a Teheran, ha chiesto garanzie sulla sia vita in caso di intesa con Israele, secondo quanto riferito dal sito israeliano Ynet, che cita fonti egiziane in contatto con funzionari americani. Israele dovrebbe dunque impegnarsi a non eliminarlo.
La trattativa è complessa. Mentre gli Usa spingono per un vertice al Cairo domani, un rappresentante dello Stato ebraico ha avvertito: «Non è affatto sicuro che ci sarà, se ci fosse, non ci sarebbe nulla di cui parlare finché Israele resterà sulla sua posizione». La contesa è sul corridoio Netzarim, che divide da est a ovest Gaza e sul corridoio Philadelphia, tra la Striscia e l'Egitto. Hamas li vorrebbe liberi dalle forze dello Stato ebraico. Israele non cede. Yoav Gallant ha fatto sapere che proprio lì «oltre 150 tunnel sono stati demoliti e la brigata Rafah di Hamas è stata sconfitta».
Un altro punto di disaccordo è che Tel Aviv rifiuta di ritirarsi completamente dalla Striscia durante la seconda fase dell'accordo. E Netanyahu ha infatti ribadito: «Israele è pronto per ogni scenario, difensivo e di attacco».
Il pressing non si ferma, così che nella giornata ieri Joe Biden avrebbe dovuto parlare di nuovo con il premier israeliano per esortarlo a essere «più flessibile». Come se non bastasse in questo clima teso, il Forum delle famiglie degli ostaggi ha detto di voler boicottare la commemorazione che il governo sta preparando per l'anniversario del massacro del 7 ottobre. Circolano anche altre indiscrezioni che l'ufficio di Netanyahu ha respinto categoricamente, ovvero, una notizia della tv americana Pbs, secondo cui Donald Trump avrebbe chiesto al primo ministro israeliano di respingere il piano degli Stati Uniti perché aiuterebbe la campagna di Kamala Harris. Mentre Antony Blinken prima di ripartire dal Medio Oriente ha avuto un colloquio telefonico con il suo omologo turco, Hakan Fidan, in un ultimo disperato tentativo di non far deragliare l'accordo, dopo essere stato in precedenza in missione diplomatica a Tel Aviv, Doha e Il Cairo.
In questo scenario Teheran torna a minacciare. La teocrazia sciita ha fatto sapere che potrebbe attaccare via terra e dal cielo lo Stato ebraico in risposta all'uccisione di Ismail Haniyeh. Nella Striscia la battaglia intanto va avanti. L'esercito israeliano ha effettuato un raid aereo contro una sala di comando in una scuola a Gaza City. E un altro giornalista, Abdul Rahman Murtaja, è stato ucciso. Ad oggi sono 170 i reporter caduti a Gaza dal 7 ottobre. Resta alta anche la tensione con il Libano. Hezbollah ha annunciato il decesso di uno dei suoi combattenti, Hussein Moustapha.
È morto «sulla strada per Gerusalemme», è la formula usata dal gruppo filoiraniano per intendere che è stato colpito in un attacco di Tel Aviv. In un altro caso, un drone dello Stato ebraico a Sidone ha ucciso Khalil el-Moqdah, comandante di Fatah.
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