
Dire che a Vladimir Putin non sia piaciuta l'uscita di Kaja Kallas che ha invitato i Paesi candidati all'ingresso in Ue a disertare la grande parata che si terrà il prossimo 9 maggio a Mosca per l'ottantesimo anniversario della vittoria sul nazismo, è un eufemismo, a dir poco. Chi conosce i russi sa quanto sia sacra quella data per loro e quindi questa intromissione minacciosa da parte dell'alta rappresentante Ue (un po' come dire: «Se andate scordatevi di entrare in Europa») e così lo Zar ha incaricato uno dei suoi megafoni di dare voce al suo scontento. Stavolta ha scelto il presidente della Duma russa, Vyacheslav Volodin, che su Telegram ha chiesto la rimozione dalla politica estone dal suo incarico di «ministro degli Esteri» europeo. «La dichiarazione di Kallas è irrispettosa nei confronti della memoria di coloro che si sono sacrificati per salvare il mondo dal nazismo. Deve essere rimossa dall'incarico e portata davanti a un tribunale internazionale delle Nazioni Unite», sostiene Volodin.
Poi è toccato al portavoce del Cremlino Dmitri Peskov: «Non spetta a noi valutare queste minacce. Queste minacce devono essere valutate dagli Stati sovrani che ne sono minacciati. A nostro avviso, ci sono Stati in Europa che non accettano tale retorica».
In difesa di Kallas si schiera la commissione Ue: «Siamo abituati alla propaganda russa infondata volta a giustificare la sua guerra contro l'Ucraina. La Russia teme chiaramente coloro che parlano e agiscono con fermezza a sostegno della difesa dell'Ucraina», dice una portavoce di Bruxelles, che aggiunge: «È il presidente Vladimir Putin a essere ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra. I fatti sono chiari: la Russia ha iniziato questa guerra, l'Ucraina è la vittima».
Intanto un tribunale di Mosca, al termine di un processo svoltosi a porte chiuse, ha condannato a cinque anni e mezzo di reclusione ciascuno quattro giornalisti. Konstantin Gabov, Sergey Karelin, Artyom Kriger e Antonina Favorskaya, come riporta la testata online Mediazona, sono accusati di aver collaborato con la Fondazione Anticorruzione dell'oppositore Alexey Navalny.
I reporter sono accusati di «partecipazione a una comunità estremista»: un'imputazione di ovvia matrice politica perché deriva dalle accuse che Mosca ha rivolto a Navalny e alle sue organizzazioni. Tutti e quattro hanno sostenuto la loro innocenza e affermano di essere stati perseguiti per aver svolto il loro lavoro di giornalisti.
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