
La «coalizione dei volenterosi» si è riunita a Londra a livello militare per preparare un contingente da dispiegare in Ucraina, come garante della sicurezza in caso di cessate il fuoco. Il premier britannico Keir Starmer ha dichiarato: «Che si tratti di ciò che potrebbe accadere in mare o nell'aria, o nella difesa dei confini, questi piani stanno prendendo forma». La riunione è stata ospitata, ieri, dal capo di stato maggiore della Difesa del Regno Unito a Northwood, l'ammiraglio Tony Radakin. Fra la ventina di paesi era presente anche l'Italia con un «team di pianificazione» a livello di capi reparto della Difesa. Alla riunione non ha partecipato il generale Luciano Portolano, capo di Stato maggiore. L'Italia ha un caveat politico ben chiaro dichiarato dal presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: «Non manderemo soldati italiani in Ucraina» se non ci sarà l'egida dell'Onu. Al contrario, inglesi e francesi, vogliono mettere in piedi un contingente fra i 10mila e 30mila uomini, che non verrà schierato sulla linea del fronte, tanto meno come forza di interposizione.
«I russi hanno ribadito innumerevoli volte che non accetteranno mai truppe occidentali/Nato in Ucraina», fa notare il generale in congedo Giorgio Battisti. Per il ministro degli Esteri britannico, David Lammy, Mosca non deve avere alcun «diritto di veto» sullo schieramento «di una forza di pace». Fra i Paesi che hanno partecipato alla riunione operativa voluta da Starmer solo Regno Unito, Francia, Svezia, Danimarca e Australia hanno dichiarato che sono pronti a inviare truppe. Canada e Finlandia sono aperte a partecipare e studiano alcune opzioni.
Il governo di Varsavia, il più vicino all'Ucraina e in generale i Paesi dell'Est pro Kiev, preferiscono evitare un coinvolgimento diretto. «Non abbiamo in programma di inviare truppe polacche in Ucraina, ma forniremo supporto logistico e politico ai paesi che lo desiderano», ha affermato il primo ministro polacco Donald Tusk. I Paesi baltici (Lituania, Lettonia ed Estonia) potrebbero scegliere la stessa linea o inviare piccole unità.
«Stanno discutendo quali paesi potrebbero intervenire e la catena di comando e controllo - spiega Battisti -. L'egida Onu come vuole l'Italia la vedo dura per il diritto di veto di Russia e Cina in Consiglio di sicurezza». Dave Pares, portavoce di Starmer, ha ribadito che non si tratta «di un semplice focus sulle truppe. Stiamo parlando di protezione in aria, in mare e di tutta la pianificazione operativa necessaria».
Il piano prevede la difesa di città, compresa Kiev, a cominciare dalla protezione antiaerea, di obiettivi critici come le centrali elettriche, le raffinerie, ma pure il grande porto di Odessa. «Un dispiegamento del genere significa avere appoggio aereo, magari fuori dall'Ucraina, navale, un robusto numero di elicotteri per non parlare della logistica. Se decidi di schierare 30mila uomini devi impegnarne, per le turnazioni, almeno 100mila».
Il premier Starmer ha incontrato i generali presenti. Prima ha voluto, non a caso, realizzare una visita simbolica alla base della Royal Navy di Barrow per il varo del sottomarino nucleare di ultima generazione Dreadnought. Una sorta di avvertimento alla Russia.
La «coalizione di volonterosi», su richiesta ucraina, dovrebbe anche consigliare e addestrare l'esercito di Kiev.
La Turchia «può contribuire alla forza di mantenimento della pace, se le parti concordano di istituirla per risolvere la guerra tra Russia e Ucraina», ha detto il presidente Recep Tayyip Erdogan in un colloquio telefonico con Donald Trump. Battisti è scettico sui «volenterosi» e sottolinea che pur con le truppe lontane dal fronte «se i russi decidessero di bombardare si rischierebbe il conflitto mondiale».
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