C'è un vecchio modo di dire Russo: «Il Cremlino ha molte torri». Sta a significare che è sempre difficile capire come si muove il governo di Mosca, perché al suo interno si scontrano sotto traccia diverse componenti. Nel caso della crisi Ucraina la nota impenetrabilità, di matrice sovietica, viene accresciuta dal così detto «fumo della guerra». Però ci sono alcuni elementi chiave della vicenda, che si muovono attorno a Putin, di cui è bene avere a disposizione un piccolo Who is Who. Uno dei personaggi chiave dell'invasione russa è Dmitry Kozak, Putin lo porta con sé da quando era consigliere del sindaco di San Pietroburgo per gli Affari Internazionali. Un legame di lunghissima data, quindi, che in parte esula dagli incarichi che Kozak ricopre, di volta in volta, ora è vicedirettore dello Staff del Cremlino. L'ex Spetnatz sarebbe secondo alcune fonti al vertice di quelle operazioni speciali che avrebbero dovuto essere la svolta del conflitto. E al momento non hanno funzionato così bene. La storia non si ripete mai però, giusto per fare un esempio: Galeazzo Ciano aveva garantito al Duce di aver corrotto gran parte dei generali greci prima dell'inizio della guerra d'Albania. Sappiamo come è finita. Ieri con l'arrivo di Vladimir Medinsky come capo delle trattative, Kozak è stato dirottato, ufficialmente almeno, su: «aspetti sociali, umanitari e altri aspetti dello sviluppo delle repubbliche del Donbass»
Al lato opposto della scacchiera interna, sempre parlando di operazioni coperte si troverebbe, Sergei Naryshkin: altro fedelissimo della prima ora di Putin e a capo dei servizi segreti esterni della Federazione. Naryshkin è stato sempre considerato uno dei falchi, al pari del suo collega al vertice dei servizi interni Alexander Bortnikov (sono già finiti nel mirino delle sanzioni statunitensi). Eppure sembra che, in questo caso, sia esitante e che non si possa considerare completamente in linea con Putin, tanto da beccarsi anche qualche umiliazione pubblica. Anche perché le operazioni di sorveglianza e sabotaggio sull'Ucraina restano sotto la competenza dell'Fsb (il servizio di sicurezza interno, e questo spiega cosa i russi pensino dell'indipendenza Ucraina) e, quindi, il contrasto rispetto alle aspettative sulla campagna potrebbe nascere anche da informazioni diverse e contrastanti. Ora la prudenza di Naryshkin potrebbe essere rivalutata?
Di certo al centro della crisi si muovono due altri attori fondamentali. Sono Sergei Lavrov e il ministro della difesa Sergei Shoigu. I due Sergei sono un po' i «Mister Wolf» di Putin i suoi «risolvi problemi». Vecchie volpi della politica, esenti da scandali, carriere iniziate ai tempi dell'Urss. Shoigu ha contribuito molto allo snellimento dei quadri delle forze armate russe che avrebbe dovuto proiettarle verso una maggiore modernità e flessibilità. Sicuramente c'è riuscito sulle unità di punta. Ma forse ha creato un Orso da combattimento tutto denti ma con poco corpo dietro. Lavrov è un duro della politica internazionale e sin qui ha gestito la partita a scacchi diplomatica che gli è stato chiesto di gestire senza una sbavatura rispetto a Putin. Se ha provato la sensazione di essere finito fuori dalla scacchiera per essere proiettato in un orribile poker, con il bluff più azzardato degli ultimi vent'anni, è riuscito a non darlo troppo a vedere. Di certo è un uomo potente e anche Putin non può abusare della sua fedeltà.
Non si può chiudere questa carrellata senza citare il generale Valery Gerasimov, capo di Stato maggiore delle Forze armate. Gerasimov, uno dei maggiori strateghi militari di Mosca è famoso per le sue teorizzazioni sull'Hybrid warfare. Proprio quello che viene usato in Ucraina. Ma in questa operazione pare essere messo in secondo piano ora come ora, almeno all'apparenza.
In pubblico, quando si annuncia deterrenza nucleare, compare con il broncio. Ne ha ben donde, pare i militari avrebbero preferito opzioni meno estreme. E in Russia non sono i soli. Ma al momento il Cremlino avrà pure molte torri ma un solo Putin.
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