L'accordo sul premierato. "Urne in caso di sfiducia"

Trovata la quadra nel centrodestra: modifiche alle norme anti-ribaltone e limite dei due mandati

L'accordo sul premierato. "Urne in caso di sfiducia"
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Sul premierato il centrodestra trova la quadra. Il testo corretto della riforma costituzionale c'è, oggi sarà approvato definitivamente in un nuovo incontro di maggioranza in Senato e poi dovrà avere il via libera dei leader entro lunedì, termine ultimo per presentare gli emendamenti.

Alla fine del secondo vertice di maggioranza a Palazzo Madama, il ministro per le Riforme istituzionali Elisabetta Casellati ha un sorriso sollevato. «È stata una giornata positiva, ci sono le premesse per una composizione concordata. Le proposte di modifica saranno poche, pochissime, in singoli emendamenti che terranno conto delle osservazioni fatte dai costituzionalisti e da chi è intervenuto in commissione, comprese le opposizioni».

Un punto lo anticipa lei, ed è il più controverso. «Resta un secondo premier in alcune ipotesi dettagliate». Si tratta della norma antiribaltone che prevede, in caso di caduta del governo, la nomina di un secondo premier della stessa maggioranza. Un compromesso per evitare nella prima fase il ritorno alle urne, come sarebbe piaciuto a Giorgia Meloni. La Lega, però, ergendosi a paladina del parlamento, ha voluto questo secondo premier nominato solo in casi eccezionali, come morte, impedimento o decadenza (ad esempio per guai giudiziari) del primo. «C'è un'altra possibilità - spiega al Giornale un partecipante al vertice-: se l'esecutivo va sotto su un provvedimento sul quale ha chiesto la fiducia, il premier si dimette in seguito all'incidente parlamentare, ma il presidente della Repubblica ne sceglierà un secondo nella maggioranza. In caso di formale mozione di sfiducia al governo delle opposizioni, invece, si va al voto, perchè si rompe il rapporto tra capo del governo e parlamento».

Altra correzione il limite dei due mandati consecutivi al premier, come per i sindaci, e la previsione di un terzo solo se all'inizio si è fatta meno della metà della legislatura. Quanto al premio di maggioranza, sulla Carta non sarà indicata la percentuale (era il 55% nel testo approvato a novembre dal Cdm), che verrà stabilita dalla legge elettorale, con la soglia minima per l'elezione. Infine, il premier avrebbe oltre al potere di nomina dei ministri quello di revoca. Soluzioni politiche che passeranno all'ultimo vaglio dei giuristi di maggioranza prima di arrivare al tavolo di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani e poi iniziare l'iter della doppia lettura in parlamento. Il leader di Fi ieri ribadiva: «Se cade il premier si torni al voto. Il premierato va nella direzione voluta da Berlusconi nel 1995». E il capogruppo azzurro, Maurizio Gasparri, garantisce: «Abbiamo sciolto tutti i nodi». Fa capire che il lavoro non è finito e oggi a mezzogiorno si dovrà «trovare una sintesi di tutti gli elementi emersi durante le audizioni». Per Casellati il lavoro svolto in commissione Affari costituzionali dovrà essere «approvato all'unanimità», senza «sbavature di nessun tipo».

In questa fase la Lega ha respinto alcune modifiche proposte dal presidente di FdI Alberto Balboni, sostenendo che si penalizzava il parlamento per rafforzare troppo il premier.

Ora il capogruppo del Carroccio Massimiliano Romeo appare fiducioso: «Alcuni punti possono essere migliorati nel testo». Per Balboni i suoi 7 emendamenti erano solo una base per risolvere «le criticità segnalate dai costituzionalisti».

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