Una guerra cristicida, quella che si sta svolgendo in Ucraina. Nei giorni scorsi un gruppo, minoritario e però consistente e significativo, di preti ortodossi russi ha parlato di «guerra fratricida», descrivendo in tal modo l'assurdità della tragedia in atto. Ma non è che dalle nostre parti lo si può capire bene questo concetto: primo perché l'Europa occidentale è talmente secolarizzata da aver dimenticato l'espressione di «fratelli in Cristo», secondo perché l'Europa orientale è dal punto di vista religioso non meno complicata che dal punto di vista etnico e politico. L'Ucraina appare, anche a chi come me cerca di approfondire l'aspetto confessionale della situazione, un'incomprensibile babele di obbedienze e liturgie, divisa non soltanto in ortodossi e cattolici (senza voler contare i protestanti, i musulmani tartari, gli ebrei a cui appartiene, quanto meno per origine famigliare, il presidente Zelensky): il maggioritario campo ortodosso è dilaniato ormai da anni dal conflitto tra una Chiesa ucraina legata al Patriarcato di Mosca e una Chiesa ucraina riconosciuta dal Patriarcato di Costantinopoli. Fratelli coltelli, come si dice...
Ora questo groviglio è stato sciolto, almeno visivamente, da un'immagine potentissima, quella del Cristo di Leopoli tirato giù dalla sua croce per essere messo al riparo dai bombardamenti, con i modi di una Deposizione che unisce Medioevo (l'epoca della scultura) e Contemporaneo (l'abbigliamento degli addetti) e realizza un'impressionante, involontaria, inedita Pietà.
Forza sempiterna dei simboli. Ecco che l'attacco all'Ucraina diventa un cristicidio: dopo una fotografia del genere Putin farà più fatica a ergersi a difensore della fede, a paladino del Sacro impegnato in una battaglia escatologica contro l'Occidente nichilista.
Sacro e profano, ateismo e devozione credo siano presenti su entrambi i fronti, e non potrebbe essere altrimenti (Dio ci guardi dal manicheismo!), e non è il momento di analizzare le rispettive percentuali. Il Cristo di Leopoli mi ha ricordato, oltre che le varie deposizioni della storia dell'arte e del cinema (in zona centenario pasoliniano ho subito pensato alla deposizione della «Ricotta» ispirata a Rosso Fiorentino), la preghiera di Gesù nel Vangelo di Giovanni: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato». È la preghiera per l'unità dei cristiani che va urgentemente ripronunciata: se non ora quando? In Ucraina e in Russia il cristianesimo conta qualcosa e potrebbe anzi dovrebbe essere il principale elemento di mediazione.
Ci vorrebbero parole più precise da parte di Papa Francesco, ci vorrebbero gesti più forti (un viaggio, se non a Kiev, proprio a Leopoli?), ci vorrebbe la consapevolezza che all'Ucraina più della pace dell'Occidente, dell'Europa, della Nato (che fra l'altro Putin non ha alcuna intenzione di accettare) serve la pace di Cristo.
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