Da leale alleato del governo italiano a nemico dichiarato. Così Gentiloni ha cambiato volto

Amici mai. Diversi i ruoli, opposti i caratteri, lontane le storie politiche

Da leale alleato del governo italiano a nemico dichiarato. Così Gentiloni ha cambiato volto
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Amici mai. Diversi i ruoli, opposti i caratteri, lontane le storie politiche. Però insomma, per molti mesi tra Giorgia Meloni e Paolo Gentiloni i rapporti sono rimasti più che buoni. «Una collaborazione eccellente», la definivano solo alcune settimane fa a Palazzo Chigi. Le telefonate, i suggerimenti, la mediazione sul Pnrr, l'aiutino discreto per sbloccare le rate dei fondi in ritardo. Una relazione che sembrava quasi andare al di là della normale cooperazione istituzionale. Un lavoro di squadra. Poi, nel giro di pochi giorni, da quando il commissario europeo all'Economia ha chiesto all'Italia di non fare troppe storie e di accettare l'accordo sul nuovo Patto di stabilità, il clima è cambiato. E Paolo la sponda adesso è Paolo il nemico.

L'attacco di Matteo Salvini. «Sembra che giochi per un'altra nazionale». La rabbia della premier dal G20 di Nuova Delhi sul dossier Ita. «La Commissione ha un comportamento curioso. Da anni ci chiedono di trovare una soluzione per la compagnia aerea, poi bloccano tutte le nostre opzioni. Non capiamo, vorremmo perciò una risposta da Gentiloni, che dovrebbe avere un occhio di riguardo per l'Italia». Le lamentele di un moderato come Antonio Tajani. «È legittimo criticare un commissario, mi auguro che Gentiloni sia in grado di avere una posizione che non sia penalizzate per Roma». E persino il mite Giancarlo Giorgetti lo ha tirato in ballo. «Paolo, ti chiedo una mano in quanto italiano, non per me ma per il Paese. Dobbiamo comprendere perché il fascicolo sia inspiegabilmente fermo nelle stanze di Bruxelles. Un ritardo inammissibile». A congelare la pratica dell'acquisizione da parte di Lufthansa sarebbe in realtà la danese Margrethe Vestager, distratta perché candidata alla presidenza della Bei però, almeno secondo il governo, Gentiloni potrebbe fare decisamente di più.

Da amico a muro, a infiltrato a quarta colonna per conto Ue. E se da Bruxelles rispondono alle accuse dicendo che il commissario all'Economia sta lì per curare gli interessi di tutta l'Unione e non di un singolo Stato membro, tra la diplomazia comunitaria si fa strada l'idea che alla base della lite non ci sia l'operazione Ita-Lufthansa, «che se i tedeschi vorranno si concluderà comunque», bensì una questione ancora più importante: il Patto di stabilità.

Dopo la sospensione per il Covid, l'Europa dovrebbe infatti tornare alle vecchie regole di bilancio, vincoli stetti, paletti, tetti, percentuali che di fatto renderanno più faticosa la politica economica del governo di centrodestra rispetto ai suoi predecessori. Nel frattempo però il mondo è cambiato. La trattativa è ancora in corso, i leader della Ue cercano un accordo, lo stesso Mario Draghi giorni fa ha sostenuto che appare impossibile riapplicare le stringenti norme di prima, anzi servirebbero flessibilità, condivisione, un Recovery fiscale. Così, quando la scorsa settimana Paolo Gentiloni ha provato ad ammorbidire la posizione dell'Italia, a Palazzo Chigi non l'hanno presa troppo bene.

Roma, questo il succo del ragionamento del commissario, non deve insistere perché più di quanto già raggiunto finora nei colloqui tecnici non si potrà strappare. Anzi, «avverte», qualora il negoziato si trascinasse e si dovesse giungere alla fine dell'anno senza un'intesa, scatterebbero subito le vecchie misure. Un guaio, come ammette proprio Gentiloni, perché «sono del tutto inadatte a promuovere la crescita e a ridurre sostanzialmente il debito». Ma allora, si chiede il governo, non sarebbe meglio allungare di un anno la sospensione e impegnarsi a preparare un accordo migliore, con lo sguardo al futuro?

Seconda domanda: che gioco sta facendo Gentiloni? Perché è passato dalla collaborazione all'ostilità? Una risposta porta alle elezioni di primavera e ai futuri incarichi internazionali da distribuire, una volta che scadrà pure il suo mandato. Un'altra passa per le pieghe della politica interna.

Le europee del 2024 rappresenteranno il banco di prova, il crush test per la segreteria Schlein e se Eli non arriverà al venti per cento - Zingaretti ha ipotizzato il 17 - sarà forse costretta a lasciare la guida del Pd. E, per dare una sterzata moderata e antigrillina al partito, chi al suo posto se non Paolo Gentiloni.

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