Abbiamo tagliato qualche testa, ma a venti anni, o quasi, dall'11 settembre continuiamo a far i conti con un'Idra pronta ad azzannarci ogni qualvolta abbassiamo la guardia e ci illudiamo di averla sconfitta. L'attentato di ieri a Parigi, davanti alla ex-redazione dove nel 2015 si consumò la carneficina di Charlie Hebdo, lo dimostra.
La sconfitta di Al Qaida in Afghanistan, l'eliminazione di Osama Bin Laden, la disfatta dello Stato Islamico e l'uccisione del Califfo Abu Bakr Al Baghdadi ci hanno consegnato solo vittorie transitorie e parziali. Ma la vittoria finale non arriverà finché combatteremo da soli. La storia di un'Italia dove i terroristi delle Br vennero eliminati solo quando il Pci si decise a chiamarli assassini anziché «compagni che sbagliano» è, al riguardo, esemplare. Il Pci di oggi, seppur assai più diviso e frammentato, è la grande comunità (Umma) dell'Islam sunnita. Sconfiggere Al Qaida e Isis sarà impossibile finché l'Umma sunnita non si deciderà a mutare forma e natura della dottrina religiosa rinunciando alle parti del Corano e della predicazione di Maometto che incitano alla violenza e alla jihad contro gli infedeli.
Ultimamente vi sono buoni segnali. Soprattutto se agli accordi di Israele con Emirati Arabi e Bahrain si aggiungerà un'intesa di pace esplicita con l'Arabia Saudita. Allora anche l'integralismo wahabita, fonte d'ispirazione per tanti militanti dell'Isis e di Al Qaida, potrebbe venir riformato e controllato. Continueremo però a far i conti con una Fratellanza Musulmana instancabile nel ribadire la superiorità della «sharia» sulle leggi dello Stato. Una predicazione difficilmente estirpabile finché i Fratelli Musulmani godranno dell'appoggio politico e dei finanziamenti di Turchia e Qatar. E finché la Fratellanza Musulmana opererà indisturbata in Europa non potremo mai illuderci di arrivare alla piena integrazione delle comunità islamiche. Studi e ricerche dimostrano che in Italia, come in Francia, Germania e Inghilterra almeno un terzo di queste comunità considera le leggi dell'Islam superiori agli ordinamenti degli Stati in cui risiedono. Quel 30 per cento fisiologicamente «non integrabile» rappresenta l'humus in cui crescono i «lupi solitari». Se un Islam fuori controllo nelle sue versioni più estreme è la condizione di fondo per il perpetuarsi del terrorismo la Rete continua ad essere, invece, il media più consono alla diffusione del suo messaggio. Un messaggio che, grazie a Internet e ai social, transita inosservato sotto gli occhi del grande pubblico, ma raggiunge direttamente gli esecutori della violenza islamista. Dunque solo con il pieno controllo di internet bloccheremo l'otturatore che spinge all'azione gli aspiranti «lupi solitari».
Poi c'è la situazione contingente. L'impotenza di tanti Paesi deriva da legislazioni inadeguate a garantire l'arresto e la detenzione prolungata dei militanti dell'Isis tornati in patria. Gran parte degli ordinamenti giuridici europei non riconoscono valore probatorio alle informazioni provenienti dai canali d'intelligence militare. Questo rende impossibile dimostrare i delitti e le atrocità commesse dai militanti di Al Qaida e dell'Isis sul campo di battaglia. E così i terroristi rientrati in Europa difficilmente vengono condannati a pene superiori ai cinque anni.
Insomma tutti i terroristi sopravvissuti ai campi di battaglia sono pronti a tornare tra noi per addestrare una nuova generazione di propri simili pronta, stavolta, ad operare non in Afghanistan, Siria o Iraq, ma direttamente nelle nostre città.
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