Lanciare quotidiani allarmi sul pericolo di un ritorno del fascismo (che non c'è) ha un costo non solo in termini di tempo ed energie ma anche economico per i compagni che ne hanno fatto un vero e proprio lavoro da retribuire. Passati i gloriosi tempi dell'Unione Sovietica in cui le risorse arrivavano da Mosca, oggi occorre adattarsi trovando nuove fonti di finanziamento e su questo i compagni sono sempre stati maestri. Il capitalismo è un male da condannare quando interessa i portafogli degli altri ma ben venga se i soldi entrano nelle tasche di intellettuali, artisti, istituti, musei legati alla sinistra.
Che il fascismo e l'antifascismo siano diventati un business è un dato di fatto come testimonia il proliferare di libri e pubblicazioni sull'argomento scritti da autori antifascisti militanti. Prendiamo il caso di due scrittori balzati agli onori delle cronache negli ultimi mesi: Antonio Scurati e Luciano Canfora. Entrambi hanno avuto un'ampia visibilità mediatica, il primo per la presunta censura del suo monologo in Rai, il secondo per la querela ricevuta da Giorgia Meloni. Entrambi hanno poi pubblicato un libro dedicato al fascismo, «Fascismo e populismo. Mussolini oggi» di Scurati e «Il fascismo non è mai morto» di Luciano Canfora. Nel mese di maggio, secondo i dati disponibili, il venduto settimanale dei loro testi è stato di circa 1500 copie. Provando a fare delle stime (non ci sono dati ufficiali sulle royalties che riceve uno scrittore) e calcolando un venduto di circa 6000 copie nei primi mesi dell'uscita, essendo il prezzo di copertina di entrambi i libri di 12 euro e i dritti che percepisce un autore circa l'8/10%, dalla sola vendita degli ultimi libelli Scurati e Canfora potrebbero aver ricavato circa 5000 euro al mese. Stiamo ovviamente parlando di una stima a cui però aggiungere gli introiti di articoli, spettacoli, altre pubblicazioni e così via. Si dirà: che c'è di male? È il loro lavoro. Senza dubbio ma non si può non sottolineare come l'ossessione verso il fascismo diventi anche una fonte di guadagno. Scurati, poi, ha anche i diritti della fiction Sky tratta dal suo libro «M», su Mussolini.
C'è poi il fronte della Resistenza il cui ricordo è sacrosanto, un po' meno quando diventa uno strumento politico da brandire contro la destra.
L'importo dell'appalto per la realizzazione del nuovo Museo Nazionale della Resistenza di Milano voluto dall'ex ministro Dario Franceschini ammonta a 17.502.324,15. Il Museo diffuso della Resistenza di Torino lamenta una situazione di crisi ma, spulciando i contributi ricevuti nel 2022, emergono 82.000 euro di quota associativa della città di Torino, 100.000 della Regione Piemonte (Convenzione 2022/2024) e 6000 euro dal Consiglio regionale del Piemonte come «contributo per l'Iniziativa Scenografie coloniali». Sempre a Torino il comune ha dichiarato il centro sociale Askatasuna «bene comune» de facto legalizzandolo e impegnandosi a riqualificare l'immobile nell'ambito di un «percorso di coprogettazione aperto» che avrà un costo ingente per la collettività.
L'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia ha invece percepito nel 2022 numerosi contributi pubblici tra cui 94.000 euro dal Ministero della Difesa per una serie di progetti e 92.255,71 euro dalla Regione Friuli Venezia Giulia all'Anpi regionale.
Nelle scorse settimane c'è stata una polemica in Toscana dopo la richiesta del direttore dell'Istituto storico della Resistenza Toscana di rimodulare i finanziamenti attuali sollecitando una modifica della legge regionale 38 del 2002 per ottenere anziché 450mila euro l'anno per tre anni, un milione e 350mila in una sola tranche. Secondo alcuni consiglieri comunali fiorentini del centrodestra «il costo degli associati e dei dipendenti è cresciuto costantemente di anno in anno, da 110 mila euro nel 2020 a 147 mila euro del 2023: così si evince dalla pagina Amministrazione trasparente dell'Istituto, dove però non sono indicate le spese e dove vengono impiegate le risorse». Non si è fatta attendere la risposta del direttore dell'Istituto che ha affermato: «Trasparenza? Numeri e documenti sono sul sito». Proprio leggendo i dati pubblicati sul sito emerge che nel 2023 l'Istituto ha ottenuto un doppio pagamento dalla Regione Toscana di 100.000 euro e 205.000 euro a cui aggiungere 27.718 euro dal Ministero della Cultura, 8.800 dalla città metropolitana di Firenze e vari finanziamenti dal comune di Firenze (3500, 2800, 600, 5000 euro). A ciò vanno aggiunti altri finanziamenti di importo minore da vari enti pubblici.
Che dire poi di festival, rassegne, kermesse, se ne contano decine in tutta Italia di cui numerose con un programmi ideologicamente di certo non conservatori. Di recente ha fatto discutere il caso del Festival Giffoni che nel 2023 ha ricevuto dal Ministero della Cultura un finanziamento di 950.000 pari al «13.57 per cento dell'intero ammontare delle risorse destinate a tutti i festival, rassegne e premi cinematografici italiani». Dopo la decisione del Ministero di imporre un tetto pari a 400.000 euro di contributo massimo erogabile, si è scatenata una polemica politica con la direzione del Festival.
Secondo il vicepresidente di Noi Moderati Pino Bicchielli: «Quest'anno il Giffoni Film Festival più che un evento dedicato ai giovani si è trasformato nella più classica e nostalgica Festa dell'Unità» aggiungendo che si è trattato di una manifestazione che «ha prestato il fianco alla becera politica da mero spot elettorale, in pieno stile deluchiano». L'antifascismo militante è una battaglia ideale ma anche il portafoglio vuole la sua parte...
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