
Il calice del ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida è mezzo pieno. «Siamo molto ottimisti», dice il titolare del dicastero di via XX Settembre, a proposito della capacità del comparto del vino, e di quello di tutto il Made in Italy agroalimentare, di reagire ai dazi decisi dal presidente Usa Donald Trump, che appesantiranno ogni bottiglia di Barolo o di Amarone che verrà venduta oltreoceano di un balzello del 20 per cento, ciò che potrebbe far crollare quello che è il nostro primo mercato per distacco del nostro export enologico. Intervenendo a Opera Wine a Verona - l'evento che tradizionalmente anticipa l'apertura del Vinitaly, che parte oggi a Verona Fiere con una edizione (la 57esima) particolarmente delicata - Lollobrigida si è detto fiducioso sulla tenuta del sistema vino per una semplice ragione: «L'Italia è una superpotenza alimentare. Dal punto di vista militare cosa parliamo a fare, da quello economico non siamo in grado di affrontare guerre con nazioni di questa natura. Il nostro campo è la qualità: su questo siamo difficilmente battibili o sostituibili e su questo dobbiamo concentrare la nostra azione».
Basterà essere i più bravi? Qualche segnale sembra essere incoraggiante: Opera Wine è infatti l'evento che presenta i migliori vini italiani secondo la più autorevole rivista a livello mondiale, Wine Spectator, che è statunitense e indica ben 131 eccellenze, etichette mitiche come l'Amarone della Valpolicella 2016 di Dal Forno, il Barolo Brunate 2020 di Ceretto, il trentino San Leonardo 2010 e l'Ornellaia Bolgheri Superiore 2015 (ma ce ne sono in rappresentanza di tutte e 21 le regioni enologiche italiane). Insomma, gli americani credono ancora nel nostro vino e ci tendono a comunicarci che non rinunceranno facilmente ai nostri gioielli in bottiglia. L'Italia del resto è il primo Paese dell'import enologico degli Usa, che è a sua volta il primo acquirente di vino del mondo.
La preoccupazione però c'è. Ieri Matteo Zoppas, presidente dell'Ice, proprio a Oper Wine ha parlato di «una sfida concreta per il nostro sistema produttivo, in particolare per il vino». E ha annunciato anche una nota informativa, molto pratica e snella, che sarà pubblicata sul sito dell'agenzia per rispondere alle domande che si pongono produttori e distributori. Nella nota, che abbiamo visionato in anteprima, si incoraggiano le aziende a verificare la classificazione doganale dei propri prodotti e gli accordi Incoterms di consegna per accertare se il dazio è a carico del produttore o del cliente, e a monitorare possibili eccezioni o meccanismi di esclusione. L'amministrazione Usa potrebbe infatti «offrire esenzioni a singole imprese o prodotti, specialmente nel caso di importazioni non reperibili a livello domestico Usa».
Decisamente drammatica invece la narrazione preparata da Coldiretti per la fiera veronese. L'associazione propine il racconto visivo «dei rischi legati alla scomparsa del patrimonio vitivinicolo tra dazi e attacchi». Abbastanza apocalittico il quadro: «Se i vigneti italiani scomparissero, una superficie grande quasi quanto il Friuli-Venezia Giulia rimarrebbe abbandonata al degrado e alla cementificazione».
Nello stand Coldiretti, davanti all'ingresso Cangrande, si potrà immaginare attraverso delle istantanee generate dall'intelligenza artificiale, cosa accadrebbe ai territori se venissero abbandonati i 681mila ettari coltivati. Un brindisi dal retrogusto decisamente tetro.
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