L'ultima follia sindacale: lo sciopero degli statali per l'aumento dei salari

Mancano le risorse per i rinnovi contrattuali Cgil, Cisl e Uil annunciano la mobilitazione

L'ultima follia sindacale: lo sciopero degli statali per l'aumento dei salari

C'è un nuovo fronte per il governo. E arriva dal lato più inatteso e più pericoloso: il pubblico impiego, vero bacino di voti per Pd e, in parte, anche per i 5 Stelle.

Il governo rischia di dover fronteggiare uno sciopero dei dipendenti pubblici in piena pandemia. Manca solo la data, ma i sindacati l'hanno già annunciato: «Dal testo della manovra - spiegano i segretari generali di Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Uil Pa, Serena Sorrentino, Maurizio Petriccioli, Michelangelo Librandi e Nicola Turco - non ci sono ragioni che fanno venir meno la mobilitazione e quindi andremo avanti con la proclamazione dello sciopero».

Il nodo del contendere è innanzitutto la manovra, dunque i soldi. A parte le 2.800 assunzioni al Sud per gestire le risorse del Recovery fund, nella legge di Bilancio non c'è molto altro per il settore, in termini di aumenti salariali. Agli occhi dei sindacati, mancano le risorse sufficienti per il rinnovo dei contratti.

Il governo del resto ha un problema: le casse sono vuote. E per poter accontentare la propria platea elettorale preferita con una fetta della torta bisogna aspettare la tanto decantata pioggia di fondi europei. Che però, viste le pessime notizie da Bruxelles, ancora non ha una data di inizio.

E infatti il ministro della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone prende tempo: «I tavoli con i sindacati erano già stati predisposti, si attendeva solo di conoscere quali erano le risorse messe a disposizione dalla manovra. La contrattazione si aprirà a breve, in vista dei rinnovi contrattuali 2019-2021».

L'altro capo della questione è lo smartworking. Il decreto ministeriale che lo regola taglia fuori i sindacati, affidando alla valutazione dei dirigenti la scelta di coinvolgerli o meno nella trattativa per fissare le regole per lavorare da casa.

E i sindacati fanno fuoco e fiamme. Anche se la legge del 2017 che introduceva lo smartworking già prevedeva accordi individuali, come vorrebbe la natura stessa del lavoro agile. Che però all'improvviso la pandemia ha reso fenomeno di massa, dopo anni in cui è stato ignorato da tutti, nonostante le sue potenzialità.

Il fatto è che la Pa non è tutta uguale. Una parte degli statali ha contribuito in modo straordinario alla lotta contro la pandemia. Un'altra parte ha scelto di barricarsi dietro ogni possibile scusa. Il ministro Dadone tenta di resistere: «La digitalizzazione però è lo strumento, non è il fine: il fine è il lavoro di risultato. Non nego che ancora ci sia tanto cartaceo, ma nulla impedisce ai dipendenti di entrare a prendere i fascicoli che poi servono a lavorare da remoto».

In serata lo scontro si è alzato di livello.

Nell'incontro tra governo e i leader sindacali convocato sulla manovra c'è stato un battibecco tra Conte e il capo della Uil Pierpaolo Bombardieri, che ha mandato l'incontro in diretta su Facebook. Conte non lo sapeva ed è rimasto sorpreso. Ma ha dichiarato: «Io non ho mai parlato di concertazione. Io sono il presidente che ha più incontrato i sindacati nella storia, ma mai ho parlato di concertazione».

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