È in mano russa da quando si è arreso con il suo battaglione dopo 86 giorni di resistenza nell'acciaieria Azovstal di Mariupol. Dopo essersi consegnato al nemico e portato in un centro di detenzione, gli era stata garantita come agli altri militari rimasti asserragliati nell'impianto fino a metà maggio l'incolumità e la possibilità di tornare in patria, sano e salvo.
Adesso, però, la moglie del comandante del battaglione Azov, Denys Prokopenko, racconta che suo marito è stato portato in Russia. Una notizia non confermata né dalle agenzie governative ucraine, né dal Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr). C'è la solo la denuncia della donna, Kateryna Prokopenko, che ha rilasciato un'intervista al media ucraino Suspilne, rilanciata poi dall'agenzia di stampa Ukrinform. «So solo che è stato portato in Russia e questo non è stato ancora confermato», ha detto la moglie del comandante, aggiungendo anche di non aver ricevuto alcuna informazione riguardo suo marito dalla Croce Rossa. «Sostanzialmente è compito del Cicr rispondermi, ma ancora non so dove sia mio marito. Anche se si trova in Russia, generalmente c'è la comunicazione con la filiale di Mosca del Cicr. Ma non c'è.
Questo significa che forse esiste un certo accordo con le autorità russe per non divulgare informazioni sulle ubicazioni e altro». Fino a questo momento non c'erano state notizie di violazione degli accordi sulla detenzione, né di maltrattamenti subiti dai prigionieri.
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