Brucia il campo Moria di Lesbo, l'emblema di quello che la Grecia ha ereditato da anni di arrivi e sbarchi incontrollati e della crisi migratoria generata soprattutto dopo il 2015. Qui sono migliaia le persone ospitate, con il tempo sono sorte vere e proprie baraccopoli che hanno assorbito circa la metà di tutti i richiedenti asilo presenti nelle isole elleniche.
Una vera e propria polveriera, adesso esplosa dopo i roghi che da qualche ora stanno devastando tutta l'area. Un problema in primis per Atene, dallo scorso anno impegnata con un giro di vite nel riportare in strutture più adeguate sul continente le migliaia di persone accalcate a Lesbo. Il governo greco adesso si ritrova un numero spropositato di ospiti del campo di Moria da sistemare urgentemente altrove: “Almeno 12mila migranti – ha fatto sapere in mattinata Stratos Kytelis, sindaco della principale cittadina di Lesbo – Sono su un'autostrada guardati a vista dalla Polizia”. Un'emergenza, a cui se ne aggiunge un'altra: alcuni dei migranti presenti a Moria erano positivi al coronavirus, altri attendevano l'esito del tampone. Adesso sono in giro, a contatto con altre persone e con il personale sanitario e di Polizia.
L'incubo dunque di una bomba sanitaria sta aleggiando su Atene, il cui governo è da questa mattina in riunione di emergenza. Ma i problemi adesso potrebbero non riguardare soltanto la Grecia. Da Berlino infatti il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, ha esortato alla solidarietà nei confronti del Paese ellenico da parte dei vari governi dell'Unione Europea.
La Germania, presidente di turno dell'Ue, ha in poche parole invocato un ricollocamento fuori dalla Grecia degli oltre diecimila migranti adesso evacuati dal campo di Moria: “Dobbiamo chiarire il più rapidamente possibile con la Commissione europea e altri Stati membri dell'Ue che sono pronti ad aiutare – si legge nel Tweet di Heiko Maas – come possiamo sostenere la Grecia. Ciò include anche la distribuzione dei rifugiati nell'Ue tra coloro che sono disposti ad accoglierli”.
La beffa per l'Italia
Un appello, quello lanciato dal ministro degli Esteri tedesco, che potrebbe risuonare come una beffa per l'Italia. È vero che a Lesbo per adesso c'è una situazione di emergenza con pochi precedenti, è vero che la Grecia non può da sola sobbarcarsi il peso di più di diecimila migranti da sistemare entro poche ore, è pur vero però che sui ricollocamenti pochi giorni fa la Germania ha chiuso le porte in faccia a Roma.
Il governo Conte II già dal suo insediamento preme per intaccare in Europa un meccanismo di ricollocamento automatico e non lasciato alla mera volontà degli Stati membri dell'Ue. Il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese ha fatto delle proposte sui ricollocamenti il proprio cavallo di battaglia. Ma da parte europea le risposte sono sempre state negative. E questo sia dopo il fallimentare vertice di Malta dello scorso 23 settembre, sia più di recente quando proprio da Berlino è stata chiusa ogni possibilità di accordo in tal senso: “Durante il semestre di presidenza tedesco – hanno fatto sapere fonti del governo di Angela Merkel all'Huffington Post – I ricollocamenti non avranno priorità”. Una posizione ribadita anche dal presidente del consiglio europeo, Charles Michel: “I ricollocamenti obbligatori dei migranti – ha dichiarato l'ex premier belga in un'intervista all'Ansa – non sono l’alfa e l’omega della discussione sulla migrazione. Occorre un approccio razionale”.
Ecco quindi la beffa e il paradosso per l'Italia: i migranti che sbarcano nel nostro Paese non verranno accolti altrove o comunque non con la soluzione che
Roma ha proposto più volte mentre, dall'altro lato, è possibile che adesso al nostro governo venga chiesto lo sforzo di accogliere i migranti presenti a Lesbo. Altra doccia fredda, sul fronte migratorio, per i giallorossi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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