«Siamo al dodicesimo giorno e ha già causato molti danni». Il commento sul primo ministro ungherese Viktor Orbán riportato dal settimanale tedesco Der Spiegel, che ha raccolto gli umori di un portavoce del ministero degli Esteri di Berlino, dà la misura dello sconcerto, della frustrazione e dei timori che attraversano le cancellerie europee e occidentali a meno di due settimane dall'inizio del semestre di presidenza ungherese del Consiglio dell'Ue. Anche l'ultima mossa del leader di Budapest conferma i peggiori incubi di Bruxelles e accresce l'imbarazzo. Dopo il vertice Nato di Washington, Orbán non solo è volato in Florida, alla corte di Donald Trump, il candidato anti-Biden alla Casa Bianca, ma ha anche postato orgoglioso su X una foto con il leader repubblicano, entrambi con il pollice in su in segno di ottimismo e sintonia, con un chiaro messaggio a Washington, Bruxelles e Mosca: «È stato un onore visitare il presidente Trump a Mar-a-Lago. Abbiamo discusso dei modi per realizzare la #pace. La buona notizia del giorno: la raggiungerà!».
È l'ennesimo schiaffo all'Ue e al leader statunitense Joe Biden, dopo la visita a Mosca e Pechino di cui Orbán si è reso protagonista appena entrato nel ruolo di massimo rappresentante del Consiglio dell'Ue, anche se lo ha fatto - precisa lui - a titolo di premier d'Ungheria. È un ulteriore segnale inequivocabile di come il leader di Budapest si stia muovendo, sull'onda della sua politica filo-putiniana e filo-trumpiana, per contribuire ad apparecchiare un nuovo ordine mondiale più congeniale al suo governo, spaventando gran parte dell'Ue a 27. Non a caso anche Trump, galvanizzato dalle pessime notizie sul futuro del rivale Biden, subito dopo l'incontro ha postato un messaggio sul «Truth social»: «Grazie Viktor, deve esserci la PACE, e rapidamente». Poi un video dell'incontro e la sviolinata al capo di governo disallineato al resto dell'Ue: Orbán è «un leader intelligente, forte e compassionevole di un Paese meraviglioso. Ottimo lavoro, Viktor» e tre punti escalativi a sottolineare l'elogio.
È evidente che Budapest attenda con ansia le presidenziali di novembre negli Stati Uniti perché si volti pagina sullo scacchiere internazionale e ci si avvicini alla fine del conflitto a condizioni non sgradite a Mosca. Trump non vede l'ora di intestarsi il traguardo, Orbán di vantare il ruolo di pontiere e il leader russo Vladimir Putin di chiudere la partita pro domo sua. Il premier ungherese è convinto che la presidenza Trump sia «l'unica seria possibilità» di porre fine alla guerra in Ucraina, anche se il portavoce del Cremlino è corso a smentire che Orbán abbia recapitato «lettere o messaggi, né scritti né orali» a Putin. Dalla Nato alzano le mani: «L'Alleanza non può provare a regolare le agende bilaterali dei leader dei suoi Stati membri e intervenire su chi incontra chi». La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non si stupisce: «Non vedo nessuna strategia particolare. I leader politici hanno diritto a incontrare altri leader politici. Non credo sia un mistero che Orbán possa essere più vicino a Trump, sono leader che si parlano».
Ad annunciare invece un boicottaggio anti-ungherese è la Lituania: in risposta alle mosse di Orbán, i leader di Vilnius diserteranno le riunioni informali dell'Ue che si terranno in Ungheria. E tra i 26 di discute di cancellare la riunione dei ministri degli Esteri a Budapest, per trasformarla in incontro formale a Bruxelles e togliere un'altra passerella al premier filo-putiniano.
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