Il Papa e Meloni al Forum: nascite priorità per l'Italia

Il Pontefice e la premier ospiti agli Stati generali: "Vogliamo uno Stato che scommetta sui giovani"

Il Papa e Meloni al Forum: nascite priorità per l'Italia
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Viviamo sotto il segno di «una cultura poco amica, se non nemica, della famiglia, centrata com'è sui bisogni del singolo, dove si reclamano continui diritti individuali e non si parla dei diritti della famiglia. La Provvidenza non manca sicuramente e milioni di famiglie lo testimoniano, ma l'eroismo di tanti non può diventare una scusa per tutti». Parola di Papa Francesco. Il colpo d'occhio è di quelli che colpiscono. Sul palco dell'Auditorium della Conciliazione, per gli Stati Generali della Natalità, siedono uno accanto all'altra il Pontefice e Giorgia Meloni, insieme a Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità. La convergenza e la sintonia tra Papa Francesco e la presidente del Consiglio sono palpabili. «Parlare di natalità, maternità, famiglia oggi sembra un atto rivoluzionario», dice Meloni. «Qualcuno dirà che vogliamo uno Stato etico. No, vogliamo uno Stato che accompagni e non diriga, vogliamo credere nelle persone, scommettere sugli italiani, sui giovani, sulla loro fame di futuro. È la nostra e più grande sfida». «Se le donne non avranno la possibilità di realizzare il desiderio di maternità senza rinunciare a quello professionale, non è che non avranno pari opportunità. Non avranno libertà». Vogliamo «una nazione nella quale riscoprire la bellezza di essere genitori, una cosa bellissima che non toglie niente e che dà tantissimo». E poi la stoccata sulla maternità surrogata: «Per decenni la cultura dominante ci ha detto il contrario. Vogliamo che non sia più scandaloso dire che siamo tutti nati da un uomo e una donna, che non sia un tabù dire che la natalità non è in vendita, che l'utero non si affitta e i figli non sono prodotti da banco che puoi scegliere e poi magari restituire. Vincere l'inverno demografico, ha detto il Papa, è combattere qualcosa che va contro le nostre famiglie, la nostra patria, il nostro futuro. Santità, noi amiamo le nostre famiglie, amiamo la nostra patria, crediamo nel nostro futuro e faremo fino in fondo la nostra parte».

Papa Francesco la applaude due volte e poi fa un cenno di assenso alla fine del discorso. Tocca poi a lui prendere la parola. Il Pontefice cita Puccini e Peguy, la Bibbia e l'Amoris laetitia, la sua seconda esortazione apostolica, e punta il dito contro la cultura, la società, la politica, perché «è sotto gli occhi di tutti che il mercato libero, senza gli indispensabili correttivi, diventa selvaggio e produce situazioni e disuguaglianze sempre più gravi». Il pensiero va alle donne: «Le più danneggiate sono proprio loro». «I giovani spesso si sentono soli e costretti a contare esclusivamente sulle proprie forze è pericoloso. Questo vuol dire erodere lentamente il vivere comune e rassegnarsi a esistenze solitarie. Con la conseguenza che solo i più ricchi possono permettersi maggiore libertà nello scegliere che forma dare alle proprie vite. E questo è ingiusto, oltre che umiliante».

Papa Francesco collega la natalità con l'accoglienza che «non vanno mai contrapposte perché sono due facce della stessa medaglia, ci rivelano quanta felicità c'è nella società». E ritorna sul tema della procreazione come termometro dello stato di salute di un popolo.

«La nascita dei figli è l'indicatore principale per misurare la speranza di un popolo. Se ne nascono pochi vuol dire che c'è poca speranza. E questo non ha solo ricadute dal punto di vista economico e sociale, ma mina la fiducia nell'avvenire».

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