Perché la retorica dei pacifisti contro Draghi è difettosa

I pacifisti attaccano il premier per l'invio di armi in Ucraina ma la risoluzione è stata votata da una maggioranza bulgara. Falsa la narrativa sul ripudio della guerra per via costituzionale

Perché la retorica dei pacifisti contro Draghi è difettosa

Il premier Mario Draghi non ha imposto all'Italia l'invio di armi in Ucraina. La narrativa dei pacifisti, in specie quella via social, è difettosa.

Nella giornata di ieri, è spuntato l'hashtag #noninmionome. Il discorso che il presidente del Consiglio ha tenuto in relazione al collegamento del presidente ucriano Volodymyr Zelensky con il Parlamento italiano non è piaciuto ai soliti massimalisti dell'inazione. E così, in termini di storytelling, si prova a far passare l'idea che il capo dell'esecutivo stia decidendo in autonomia rispetto a quello che il Belpaese ha predisposto sul conflitto scatenato da Vladimir Putin. Sembra banale dirlo ma la verità è un'altra: Draghi non decide da solo.

"Draghi dichiara che invierà 'Aiuti militari' e che vuole l'Ucraina nella UE. Ma in nome di chi parla?", ha scritto, quasi chiedendo lumi, un utente via Twitter. I post di questo tipo sono parecchi e le argomentazioni presentate sempre le medesime. La risposta è semplice: Mario Draghi parla a nome del governo dopo la votazione della risoluzione che ha previsto l'invio di armi da parte del Parlamento. Un testo bipartisan che al Senato della Repubblica è stato avallato da questi numeri: 244 sì, 13 no e 14 astensioni. Alla Camera dei deputati i sì sono stati invece 520. Siamo nel novero della cosiddetta maggioranza bulgara.

Il Parlamento, che come i pacifisti forse non ricordano, è stato votato dagli elettori, si è espresso. E Draghi procede di conseguenza. Non c'è una fuga in avanti da parte del nostro premier: esistono semmai linee di indirizzo politico che la maggioranza d'unità nazionale persegue, con qualche distinguo di tanto in tanto. Ma questo è.

Sono elementi ovvi che tuttavia non vengono tenuti in considerazione da chi scrive, sempre via Twitter, riflessioni come questa: "Pare che Draghi si sia rivolto a Zelensky spacciando il suo parlare “a nome di tutti gli italiani”. Vorrei pubblicamente dissociarmi dalle parole del presidente del consiglio italiano: #noninmionome".

Poi c'è l'annosa questione del ripudio della guerra: "Se c'è un modo per calpestare la Costituzione questo governo di venduti non se lo lascia certo scappare. Che sia maledetto l'Infame che lo presiede e tutti gli imbecilli che lo supportano e che si spacciano per pacifisti!", ha fatto presente un utente, postando l'articolo 11 della Costituzione. Come spiegato dal professor Stefano Ceccanti in questa intervista per ilGiornale.it, la Carta costituzionale disciplina anche sulle aggressioni degli altri: "Per questo l’articolo nella sua seconda parte, che va letta in modo strettamente legato alla prima, tende a spostare a livello multilaterale la questione dell’uso legittimo della forza".

Il rifiuto della guerra non significa avallare le invasioni altrui, in buona sostanza.

I presupposti ideologici dei pacifisti non consentono tuttavia spiegazioni di sorta: loro sono convinti che l'invio di armi in Ucraina sia un atto illegittimo e che Mario Draghi proceda come un demiurgo ad imporre questa o quella decisione.

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