Preghiere e veleni. I 37 giorni in cui Bergoglio ha rischiato la vita

Dai fedeli ai detrattori, così il calvario del Papa ha tenuto il mondo col fiato sospeso

Preghiere e veleni. I 37 giorni in cui Bergoglio ha rischiato la vita
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Era stato ricoverato il giorno di San Valentino, la festa comandata agli innamorati, che quest'anno però ha spezzato il cuore a molti fedeli di entrambi i sessi. Ed esce oggi, giorno in cui la Chiesa celebra il molto meno popolare San Turibio di Mogrovejo, vissuto fra XVI e XVII secolo, spagnolo che fece all'inverso il suo percorso: dall'Europa al Sudamerica.

Papa Francesco s'è fatto 37 giorni d'ospedale. Un'altalena legata alle serratissime «catene» mediatiche dei bollettini e degli spifferi (di corsia, più che di corridoio). Un su e giù fra «angoscia» e «cauto ottimismo», «paura» e «condizioni comunque critiche», voci di dimissioni (non dall'ospedale, ma proprio dal soglio di Pietro) e preghiere in piazza, riserbo e fughe in avanti. Fra chi si portava avanti con il lavoro e chi al suo lavoro faceva le pulci, come nel giudizio critico di un calciatore. Insomma, la solita musica di quando a finire non nel proprio letto di casa, ma in uno del tutto anonimo e comunque scomodo è una persona non comune.

Trentasette giorni. Sembrano pochi e tanti allo stesso tempo. Perché nelle ultime tre-due settimane le dosi di comunicazione erano diminuite, come quelle di un farmaco quando le cose (anche se per scaramanzia non lo si vuole dire) cominciano ad andare meglio. La sua ultima «uscita» pubblica era stata quella nel videomessaggio trasmesso durante il Festival di Sanremo: messaggio di pace, ovviamente, e sulla musica come strumento di pace. Poi era venuto un altro messaggio, molto breve e nella sua lingua, con voce claudicante e spezzettata, ma comunque sufficiente per rassicurare. Adesso per parlare di pace ci vorrebbe, anche per Francesco, anzi soprattutto per lui, la potenza di un ruggito, visto che da quel lato la situazione sta precipitando, fra legioni di ipocriti, armate di guerrafondai e imboscati che si nascondono dietro una baionetta.

I medici, naturalmente, vanno con i piedi di piombo, ieri hanno parlato di almeno «due mesi di riposo e di fisioterapia». E oggi i giornali tornano a essere pieni di papa, salutando il suo rientro a Santa Marta, per una convalescenza delicata e impegnativa anch'essa, dopo un'infezione ai polmoni di quella gravità. Fra l'altro, oggi è anche domenica, quale giorno migliore per una messa all'aperto cui sono invitati tutti, l'intero arco editoriale, ampio e multicolore come quello costituzionale di una volta?

Ed ecco che ieri Francesco ha piazzato un piccolo sprint. La Sala stampa vaticana lo ha confermato ufficialmente: Bergoglio «ha intenzione di affacciarsi al termine dell'Angelus di domani (oggi, ndr) che verrà distribuito in forma scritta come nelle scorse settimane».

Per adesso, al suo popolo ciò basta e avanza, nella speranza di poterlo rivedere affacciarsi dal solito posto, da casa sua, per tornare alle buone abitudini. Cioè al Papa che fa sentire distintamente la sua voce. Anche se i peggiori sordi non vogliono sentire.

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