Pressing di Israele: via la luce a Gaza

L'annuncio alla vigilia degli incontri di Doha per estendere la tregua nella Striscia

Pressing di Israele: via la luce a Gaza
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Stop alla corrente elettrica a Gaza. Mentre Israele annuncia di essere già lavoro sul progetto per gestire l'esodo dei palestinesi dalla Striscia, in attuazione al piano post-bellico di Donald Trump, cresce la pressione su Hamas per estendere la tregua e ottenere il rilascio degli ultimi 59 ostaggi, tra vivi e morti, ancora in mano ai terroristi. È in quest'ottica che il ministro israeliano dell'Energia, Eli Cohen, ha dato ordine alla Israel Electric Corporation (Iec) di interrompere immediatamente la fornitura di elettricità a Gaza. La promessa è di impiegare «ogni strumento a disposizione affinché tutti gli ostaggi ritornino» e di fare in modo «che Hamas non sia a Gaza il giorno dopo», ha spiegato il ministro, anche se un funzionario israeliano ha poi precisato al Times of Israel che la decisione «avrà effetto su una sola struttura, l'impianto di desalinizzazione vicino a Deir el-Balah, nella parte centrale dell'enclave. Il risultato è un'ulteriore stretta non solo sui terroristi, ma anche sulla popolazione palestinese, stremata da un anno e mezzo di guerra e dal tragico bilancio di quasi 49mila morti.

Oggi Israele invierà una delegazione a Doha, in Qatar, «nel tentativo di far progredire i negoziati» sul cessate il fuoco. Martedì dovrebbe arrivare anche l'inviato di Donald Trump per il Medioriente, Steve Witkoff, che affiancherà un'alta delegazione israeliana. L'altro inviato Usa per gli ostaggi, Adam Boehler, si è detto ottimista che un accordo possa essere raggiunto «entro qualche settimana». Merito anche degli incontri diretti tra lo stesso Boehler e Hamas, uno dei quali la scorsa settimana sarebbe stato più produttivo degli altri. Eppure i colloqui con i terroristi, senza intermediari e segreti fino a che i media non hanno diffuso la notizia, starebbero alimentando qualche tensione con Israele. Alla Cnn, Boehler ha spiegato di aver agito ovviamente dietro mandato del presidente americano e di comprendere perché il governo di Benjamin Netanyahu possa essersi irritato, ma ha aggiunto lapidario: «Siamo gli Stati Uniti. Non siamo un agente di Israele. Abbiamo specifici interessi in gioco». E ancora, per minimizzare: «Non è che Hamas abbia preso il mondo perché pensavo che fossero un gruppo di bravi ragazzi» ha aggiunto Boehler, alimentando ulteriore irritazione.

L'amministrazione Trump spera di estendere la prima fase dell'accordo, che si è concluso l'1 marzo, per tutto il Ramadan e fino alla fine della Pasqua ebraica, il 19 aprile. Sul tavolo ci sarebbero altri 60 giorni di tregua, in cambio di 10 ostaggi. Nessuna seconda fase, dunque, ma un allungamento della prima, come vorrebbe Israele.

Intanto si programma il dopoguerra. Se l'Unione europea «accoglie con favore» il piano della Lega Araba per Gaza, che esclude il trasferimento dei palestinesi, il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich annuncia invece che si va avanti con il piano Trump, che prevede l'uscita dei civili.

«Il governo sta lavorando all'istituzione di un ente per la migrazione che gestirà l'esodo dei palestinesi», spiega Smotrich, precisando che il progetto inizierà nelle prossime settimane, è «logisticamente complesso» e prevede che i palestinesi lascino volontariamente l'area. L'avvertimento è chiaro, tuttavia: «Ai residenti attuali non rimarrà nulla nella regione nei prossimi 10 o 15 anni».

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