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Quell'ala garantista del Pd che vuole due giorni di voto

Da Fedeli a Raciti e Ceccanti, cresce il fronte dem favorevole alle urne aperte anche lunedì 13 giugno

Quell'ala garantista del Pd che vuole due giorni di voto

C'è una parte consistente del Partito democratico che è favorevole ad estendere il voto per il referendum sulla giustizia anche a lunedì 13 giugno. Sono esponenti rintracciabili tra i garantisti, tra i centristi, tra i cattolico-democratici e tra i critici dell'impostazione grillina, dunque giustizialista, in materia. Si tratta di sensibilità che spesso coincidono. Sono pure coloro che vogliono che il quorum abbia una chance concreta di essere raggiunto. Tra questi c'è anche chi, pur provenendo dalle fila della formazione politica guidata da Enrico Letta, ha già sottoscritto i quesiti (tutti o in parte). Può non risultare semplice, per questi politici dem, far emergere le loro posizioni al di là dell'impostazione dal segretario, ma qualche voce per nulla isolata è udibile.

È il caso dell'onorevole Enza Bruno Bossio, nota garantista del Nazareno, che la fa breve: «Sono d'accordo sui due giorni - dichiara al Giornale - perché sostengo questi referendum e vorrei che ottenessero il quorum». A chi, nel suo partito, incalza sostenendo che la strada maestra debba rimanere quella parlamentare, la Bossio replica così: «I due percorsi non sono alternativi. Non è un problema di metodo ma di merito».

Camera e Senato - è evidente ai più - non hanno tutto questo tempo per arrivare a una riforma sistemica. L'unità d'intenti della maggioranza sull'argomento, inoltre, è quella che è, con il Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte che ha già dimostrato di voler mettere i bastoni tra le ruote. Per chi desidera che la giustizia cambi nel profondo, l'orologio che corre e il vento garantista che spira dal basso sono due fattori da considerare. Il senatore Salvatore Margiotta evidenzia un punto problematico che dimora proprio nelle Aule: «Credo che sarebbe giusto consentire di votare anche il lunedì - premette - Tre dei quesiti, che poi sono quelli che sosterrò, ossia separazione delle funzioni, valutazione dei magistrati e custodia cautelare, non troveranno risposta in Parlamento. Ritengo giusto e doveroso, quindi, lasciare che si esprimano i cittadini senza limitare la possibilità di partecipazione», afferma l'esponente che siede a Palazzo Madama.

La proposta di Forza Italia, che è stata condivisa anche da Lega e Fratelli d'Italia, è sul tavolo: un decreto del governo presieduto da Mario Draghi per far sì che gli italiani abbiano lo spazio di due giorni per recarsi alle urne. Anche il leader di Azione Carlo Calenda ha convenuto. L'elencazione dei parlamentari dem che concordano con la due giorni elettorale prosegue: l'onorevole Fausto Raciti e il senatore Andrea Marcucci. Se il secondo ha già detto in modo esplicito la sua, Raciti lo fa adesso: «Non ho nulla in contrario rispetto al fatto che si possa votare su due giorni ma non ha partecipato al dibattito», precisa. E ancora il senatore Luciano D'Alfonso, un altro parlamentare del Pd che ha sottoscritto quasi tutti i quesiti referendari e che ha persino contribuito a fondare un'Associazione per le «garanzie nella fase del procedimento» in Abruzzo, annota: «Sì, sono d'accordo». L'ex ministro dell'Istruzione e tuttora senatrice ed esponente di spicco del correntone di Base riformista Valeria Fedeli è diretta: «Sa, il Pd punta alle riforme in Parlamento». Nel ragionamento c'è un «però»: «Io non sono contraria. Anzi, credo che vada sempre sostenuta la partecipazione». Pure il senatore Gianni Pittella risiede nella stessa lista dei favorevoli apertis verbis.

La prima impressione è che si tratti di un manipolo ma, soppesando le voci di chi ha deciso di esporsi, si comprende come la sensibilità sia diffusa. Molti degli altri esponenti dem che abbiamo provato ad interpellare hanno ammesso di non essersi ancora fatti un'idea chiara in merito. È un segnale: esiste un corpaccione, silenzioso e non, che anche in nome dell'aggettivo «democratico» vorrebbe che la cittadinanza avesse piena agibilità elettorale.

Il professor Stefano Ceccanti, deputato, costituzionalista e plenipotenziario del Pd in materia di assetti istituzionali, suggella la nostra impressione: «Non sono contrario», osserva. Persino chi abita la prima linea delle riforme in Parlamento vuole le urne aperte domenica 12 e lunedì 13 giugno.

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