L'autonomia differenziata, se gestita con cautela, possa rappresentare un'opportunità per valorizzare il virtuosismo degli enti locali. La proposta di riforma del governo, che mira a un maggiore decentramento amministrativo, potrebbe offrire benefici significativi. È quanto emerge da un report del Centro studi Unimpresa nel quale si evidenzia che la finanza pubblica italiana si muove a due velocità: da un lato, gli enti territoriali (comuni, province e regioni) riducono progressivamente il loro indebitamento. Dall'altro, l'amministrazione centrale accumula un crescente disavanzo. Secondo il report, tra settembre 2022 e settembre 2024, i bilanci degli enti locali hanno registrato un miglioramento significativo, con una riduzione complessiva del debito di 7,1 miliardi di euro (-6,1%), passando da 117,5 miliardi a 110,4 miliardi con un risparmio mensile di 296 milioni. Al contrario, il debito dello Stato centrale è aumentato di 228,7 miliardi di euro (+8,6%) nello stesso periodo, raggiungendo il livello record di 2.898,4 miliardi.
Il report evidenzia come gli enti locali abbiano saputo gestire con maggiore rigore le proprie risorse. Le regioni, ad esempio, hanno ridotto il loro disavanzo di 2,12 miliardi di euro (-5,4%), passando da 39,38 miliardi a 37,25 miliardi. Questo risultato è attribuibile a una gestione più efficiente delle voci di spesa più gravose, quali sanità, trasporti e welfare. Anche le province e le città metropolitane hanno mostrato una contrazione del debito del 6% (da 5,72 miliardi del 2022, a 5,37 miliardi), grazie a politiche di razionalizzazione dei costi per infrastrutture e opere pubbliche. I comuni, infine, hanno diminuito il loro "rosso" del 6,6%, scendendo da 33,04 miliardi a 30,88 miliardi.
Tali miglioramenti sono stati possibili grazie a strategie mirate di consolidamento della spesa e a una maggiore attenzione al controllo dell'indebitamento per investimenti. Un dato interessante è rappresentato dalla riduzione dei debiti reciproci tra amministrazioni locali, diminuiti del 5,5%, segnale di una crescente efficienza nei rapporti finanziari interni.
In netto contrasto, l'amministrazione centrale ha visto crescere il proprio debito a ritmi preoccupanti. L'aumento di 228,7 miliardi di euro in soli due anni è dovuto a diversi fattori: il costo crescente del servizio del debito (interessi su titoli come Bot e Btp), spese straordinarie per sostenere l'economia durante le crisi globali e la mancata attuazione di riforme strutturali per contenere le inefficienze della spesa pubblica. Questa dinamica pone seri interrogativi sulla sostenibilità a lungo termine del debito pubblico italiano.
«I dati dimostrano che i sindaci e i governatori regionali hanno saputo razionalizzare le proprie risorse», commenta Giovanna Ferrara, presidente di Unimpresa, aggiungendo che «mentre lo Stato centrale fatica a contenere il crescente disavanzo, governatori e sindaci dimostrano un approccio più rigoroso e responsabile, smentendo chi
critica il decentramento». L'autonomia differenziata, oltre a responsabilizzare ulteriormente gli enti territoriali, può contribuire a un riequilibrio del peso del debito pubblico, valorizzando le buone pratiche già in atto.
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