La scissione di Matteo Renzi non è solo interna: riguarda anche l'Europa. Perché è del tutto evidente che la spaccatura all'interno del Partito democratico avrà ripercussioni anche al Parlamento europeo, con i renziani che a questo punto si domanderanno da che parte stare. Fu il loro leader, quando era a capo del Pd, a benedire il passaggio del partito all'interno della famiglia del Partito socialista europeo, ereditando l'appartenenza tradizionale dell'ala sinistra dei dem. Ma ora le cose sono cambiate: Renzi, che di certo non è mai stato ideologicamente legato ai socialisti, strizza l'occhio al centro. E i renziani aspettano le indicazioni del capo politico dopo l'annuncio della cosiddetta scissione. Che evidentemente deflagrerà anche nel Parlamento europeo e con conseguenze non da sottovalutare per capire come si orienterà cla nostra politica.
C'è chi scommette che i dem non faranno i transfughi. Nessuno vuole perdere il posto nel gruppo del Pse, soprattutto perché una delle renziane che potrebbe unirsi al nuovo movimento dell'ex sindaco di Firenze, Simona Bonafè, è stata appena eletta vicepresidente del S&D all'Eurocamera. Difficile credere che per seguire il leader la Bonafè abbandoni la vicepresidenza socialista. Ma è anche vero che la truppa renziana (che per adesso ha Nicola Danti sicuro appartenente e potenzialmente composta da Pina Picierno, Alessandra Moretti e Paolo De Castro) potrebbe scegliere di spostarsi. Se non fanno più parfte del Pd, che senso ha rimanere all'interno dei socialisti? E adesso si agita lo spettro di una nuova (vecchia) alleanza: quella con il movimento Renew Europe di Emmanuel Macron e dei liberali di Guy Verhofstadt. Renzi non ha mai negato una certo credito nei confronti del centro europeo. E l'asse con i macroniani non è assolutamente un mistero, visto che il fedelissimo di Matteo, Sandro Gozi, ha da tempo abbracciato l'Eliseo candidandosi nelle liste di En Marche e membro del governo francese.
Per certi versi, la decisione di Renzi non è molto diversa da quella di Macron, che a suo tempo decise di scindersi dai socialisti formando il suo partito con cui poi ha vinto le presidenziali. Certo, le condizioni sono diverse e Macron non era leader del partito socialista francese. E il Pd non ha subito ancora quel crollo che ha avuto invece il centrosinistra francese. Ma il filo rosso è abbastanza netto così come è chiaro che Renzi, tra i socialisti europei e i centristi-progressisti di Macron, non abbia grandi dubbi. La dimostrazione è arrivata anche da prima delle elezioni europee, con quell'endorsement di Renzi per il movimento del presidente francese e per la nascita di un cosiddetto fronte anti-sovranista. Il tutto sull'asse Firenze-Parigi con la benedizione del francese Gozi.
Il rischi per il centrosinistra sono altissimi. Lo sono per i socialisti, perché in caso di spostamento di renziani e Carlo Calenda con Renew Europe, perderebbero eurodeputati. Lo sono per il Pd, che del Pse rappresenta ancora una fetta importante. Renzi ha da tempo parlato di allargamento della famiglia socialista. è quello, del resto, che ha anche detto Nicola Zingaretti, quando parlava di una sinistra europea che guardasse da Macron a Alexis Tsipras (come se vi fossero ancora differenze). Ora però il Pd trema e trema anche il governo Conte, tanto è vero che il premier ha già mostrato una certa "insofferenza". Ora dovrà discutere direttamente con Renzi quale leader di un movimento.
Ma questi cambi di corsa con una fragile alleanza italiana e che hanno ripercussioni a Strasburgo mettono in pericolo la stabilità dei giallorossi. Mentre Macron, che domani sbarca in Italia, potrebbe avere un nuovo grande alleato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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