"Quando Massimo D'Alema parla, fa notizia e ciò che dice produce delle reazioni. Ho trovato singolare la reazione di Matteo Renzi come se fosse stato punto da un ape". L'ex deputato Arturo Scotto, coordinatore nazionale di Articolo Uno, commenta così la querelle che tiene banco da qualche giorno all'interno della sinistra italiana che, secondo lui, deve "ritrovare l'unità e la capacità di rinnovamento attorno ad alcune bandiere fondamentali come il lavoro e la lotta alla pandemia".
Ma anche lei crede che il renzismo sia stata una malattia?
"Il tema non è la malattia. La verità è che il renzismo è una stagione che si è chiusa perché era una via sbagliata, fuori dalla tradizione della sinistra italiana. Il renzismo ha messo in campo un'idea personalizzata della politica, ha promosso un ceto politico ambizioso e rampante che poco aveva a che fare con la nostra storia. È una stagione che si è chiusa, ora bisogna rimettere al centro i beni comuni C'è un ritorno di centralità dei beni comuni. Beni che sono molto diversi dall'idea renziana che il mercato detta la linea che la politica deve seguire. Noi crediamo debba tornare il primato della politica".
Ma il congresso di Articolo Uno sancirà il vostro ritorno nel Pd?
"Articolo Uno non è nata per costruire una 'parrochietta' o coltivare l'orto, ma per arare il campo. Nel congresso faremo una discussione di verità: si esce da questa fase di crisi con soggetti piccoli che possono svolgere una funzione utile di nobile testimonianza oppure possiamo provare a invadere il campo largo e contribuire a spostarlo sul terreno di una sinistra laburista e socialista? Su questo faremo il congresso, senza negare che gli attori in campo, sia il M5S sia il Pd, sono cambiati. Realisticamente una sinistra che non vuol fare solo testimonianza si deve confrontare con tutto ciò oppure deve solo completarsi allo specchio ragionando sulla propria purezza? E se tale purezza non serve a far fare passi avanti al mondo che vogliamo rappresentare, a che serve? Il nostro Congresso sarà sulla funzione della sinistra in questo Paese".
Ma questo campo largo tiene insieme sia D'Alema sia Renzi?
"Il Pd e il M5S chiudono la stagione dell'autosufficienza e, oggi, è impensabile pensare a un nuovo campo progressista senza l'uno o senza l'altro. Matteo Renzi mi pare che si ponga fuori da questo orizzonte. Sulla politica economica segue la natura di un uomo che sta nel campo liberal-conservatore e lo ha dimostrato in tanti passaggi, da ultimo la caduta del Conte-bis. Un campo largo non significa un campo per tutti e di tutti".
Letta e anche una parte del Pd, però, non è sembrata pronta a riaccogliervi a braccia aperte...
"Il punto non è chiudere abiure al Pd oppure chiedere a noi di rivedere certe scelte. Bisogna vedere se, di fronte agli effetti sociali della più grande crisi dal dopoguerra in poi, siamo tutti d'accordo di una risposta che vada a sinistra. Mi pare che Enrico Letta lo abbia detto chiaramente. Ora dobbiamo provare a praticarlo. Che questo significhi il rientro, nuovo soggetto o una nuova esperienza politica lo vedremo strada facendo, anche nel percorso delle Agorà democratiche. Sarebbe sbagliato non provarci e noi vogliamo provarci fino in fondo.
E penso che anche da parte di Letta e del gruppo dirigente attuale del Pd non ci siano delle porte chiuse né noi siamo fuori a bussare. Tantomeno accetteremo di mostrare dei green-pass all'ingresso. Noi vogliamo confrontarci, verificheremo sul campo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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