Non c'è solo il minuto di silenzio in Parlamento, il messaggio di unità per la ricerca della verità del capo dello Stato Sergio Mattarella nel giorno dei 43 anni dalla strage di Bologna, 85 morti e 200 feriti. Fuori - nella piazza della commemorazione - e dentro la Camera è un incrocio di accuse. L'opposizione attacca la presunta debolezza da parte della maggioranza - e della premier Meloni - nel pronunciare parole nette su quanto già sancito dalla verità giudiziaria. E cioè la matrice neofascista della strage, appurata con le condanne dei terroristi dei Nar, e la complicità presunta di altri esponenti della galassia della destra eversiva. Restano depistaggi e ombre sui mandanti, il cosiddetto secondo livello. Definitive le condanne all'ergastolo di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. L'ergastolo, in primo grado, è stato inflitto anche a Gilberto Cavallini, per cui è in corso l'appello. Infiammano l'opposizione le parole di Meloni - «il terrorismo ha sferrato all'Italia e al suo popolo uno dei suoi colpi più feroci» - accusata di non citare la matrice. Non basta a evitare le polemiche nemmeno che il presidente del Senato Ignazio La Russa sottolinei come vada «doverosamente ricordata la definitiva verità giudiziaria che ha attribuito alla matrice neofascista la responsabilità di questa strage».
Ma adiamo con ordine. Mattarella: «La matrice neofascista della strage è stata accertata nei processi e sono venute alla luce coperture e ignobili depistaggi, cui hanno partecipato associazioni segrete e agenti infedeli di apparati dello Stato. La ricerca della verità completa è un dovere che non si estingue, a prescindere dal tempo trascorso», scrive nel suo messaggio il capo dello Stato. Parole che echeggiano sul palco della piazza di Bologna. «Ci vuole tempo e pazienza, ma la nostra rivoluzione non potrà essere ignorata» dice Paolo Bolognesi, presidente dell'Associazione familiari delle vittime della strage. Sul palco anche il ministro dell'Interno Piantedosi. E a lui si rivolge Bolognesi: «Cercate di mettervi d'accordo come governo: non si può da una parte dire che sono stati i fascisti e dall'altra parte i fascisti dicono noi non c'entriamo niente, sono stati i palestinesi. Vogliamo delle parole chiare e vogliamo che la smettano di fare delle cose che non hanno niente a che fare con la verità». Attacca poi il Guardasigilli Nordio, per le «bugie raccontate in Aula con le quali ha rischiato di dare una mano ai terroristi che hanno causato la strage di Bologna». Si riferisce all'istanza degli avvocati di Cavallini che avevano richiesto l'annullamento della condanna di primo grado perché quattro giudici popolari avevano superato il limite dei 65 anni di età previsto dalla legge. Il ministro in question time aveva citato una sentenza della Cassazione favorevole alla tesi della difesa. Ma poi ha chiarito che il requisito «deve sussistere soltanto al momento della nomina. La strage è una ferita aperta per tutto il Paese». E la norma interpretativa è stata inserita anche nella riforma della Giustizia.
In Parlamento invece è una mozione della maggioranza - primo firmatario il deputato di Fdi Federico Mollicone - ad alimentare lo scontro. Mollicone da tempo viene tacciato di «negazionismo» per le sue richieste di una commissione che indaghi la cosiddetta «pista internazionale». Quella palestinese è già stata archiviata nel 2015. La minoranza attacca il testo che impegna il governo alla desecretazione degli atti: «Dispiace davvero - spiega Andrea De Maria del Pd - che nella mozione del centrodestra non sia stato in alcun modo ricordato il carattere neofascista della strage. Come dispiace che nella mozione sia riproposta, nei fatti, la cosiddetta pista palestinese». Rincara da Bologna la segretaria del Pd Elly Schlein: «Non accettiamo alcun tentativo di depistaggio ulteriore, alcun tentativo di riscrivere la storia. Le evidenze processuali già chiariscono che questa è stata una strage di matrice neofascista e anche con un intento eversivo».
Prima del minuto di silenzio, le grida dai banchi dei Verdi: «Strage fascista, strage fascista!». Il vicepremier Antonio Tajani chiede di «evitare di fare polemiche quando si parla di morti e ricerca della verità, perché ancora la verità non è stata scoperta».
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