L'idea è del Rassemblement National, il partito di Marine Le Pen. Ma sulla proposta di legge della destra è arrivato un inaspettato endorsement della première dame Brigitte Macron. Una curiosa convergenza di pensiero che ha gettato nello scompiglio l'esecutivo, perché la versione di Brigitte è messa nero su bianco in un'intervista a Le Parisien proprio nel giorno in cui l'Assemblée si apprestava a discutere il controverso provvedimento.
L'introduzione della divisa nelle scuole pubbliche, bocciata appena una settimana fa (a parole) dal ministro dell'Istruzione Pap Ndiaye, piace invece all'inquilina dell'Eliseo. Che ieri ha incassato la stima di BleuMarine: «Un vestiario uniforme, e l'ha ben detto Madame Macron riprendendo una delle nostre argomentazioni, evita questo tipo di competizione, l'esposizione di marchi, dannosa per l'uguaglianza dei nostri figli nelle scuole». Poco importa se a dicembre la commissione parlamentare l'avesse scartata. Il «flirt» tra le due può cambiare tutto.
L'ex insegnante del capo dello Stato è convinta che l'uniforme in classe «cancella le disuguaglianze». L'obiettivo, aggiunge BleuMarine, è anche «evitare la pressione degli islamisti» e porre fine alla «concorrenza per i vestiti più costosi». Posizioni chiare, miste a confidenze. Brigitte ne fa quasi una questione personale, se non morale: «Ho indossato la divisa da studentessa, 15 anni di gonna e maglione blu navy. E l'ho vissuto bene». Aggiunge che ai ragazzi «farebbe risparmiare tempo per scegliere i vestiti la mattina. E anche soldi per i marchi griffati, quindi sì, sono a favore della divisa». Un copia e incolla del verbo lepenista, sostenuto in aula pure dai Républicains.
Apriti cielo. La sinistra, contraria, è insorta. France Insoumise e verdi all'attacco frontale del Palazzo presidenziale: «È crollata la diga», quella che metteva ai margini l'estrema destra, tuonano. Il timing del beneplacito è sospetto. La deputata ecologista Sophie Taillé-Polian non può credere che «all'Eliseo ignorino il calendario parlamentare». Poi l'affondo su Brigitte: «Potrebbe essere lei la vera ministra dell'Istruzione, visto che la sentiamo sempre più spesso, e senza legittimità, parlare di questioni educative». Una carica che costringe l'ufficio stampa a chiarire che si tratta di domande dei lettori del Parisien, non concordate con la première dame. L'entourage di Brigitte nega ogni calcolo politico, cerca di mettere al riparto Macron dalla bufera: «È la sua posizione, non quella del presidente». Pure la reazione di molti prof è glaciale, mentre un sondaggio del 2017 del JDD mostra i francesi favorevoli: sì, il 56%.
Se Le Pen è convinta che elimini differenze sociali e opinioni politiche e religiose degli studenti, Brigitte dice: «Bene, purché sia una tenuta semplice e non triste». Il partito di Macron ha avviato un gruppo di lavoro sul tema. Resta la frattura (e l'imbarazzo) nel governo: appena il 4 gennaio scorso, il ministro Ndiaye spiegava di non voler aprire questo dibattito. «Non voglio nessuna legge che imponga l'uniforme agli studenti, è un no»; ancorato al '68, quando fu via via abolita nelle scuole pubbliche con i grembiuli. Vincerà l'ideologia o il sentimento di appartenenza? La gauche insiste nel demolire la première dame: «Non è stata eletta». Il ministro Ndiaye, dopo l'assist a Le Pen, è all'angolo: pronto a cedere su singole scuole che potrebbero introdurla localmente.
D'altronde in alcuni plessi è già d'uso comune, come all'Internat d'Excellence de Sourdun, non lontano da Parigi. Ma più che altro nei Territori d'oltremare, Guadalupe (dove le tenute sono pagate dai genitori), Martinica o Guyana.
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