Una tangente mai incassata per un emendamento mai approvato: su questo ruota l'indagine della Procura di Roma - ereditata da quella di Palermo per competenza territoriale - sul senatore leghista Armando Siri (nella foto). Il processo si era fermato dopo che il Senato aveva rifiutato la richiesta dei pm di utilizzare le intercettazioni di Siri. Ieri la Corte Costituzionale annulla la decisione del Senato. Le conversazioni di Siri non erano coperte dall'immunità, dice la Consulta, perché non era Siri a venire intercettato.
É il tema che si trascina da anni delle intercettazioni «a strascico» dei politici, che le Procure chiedono di utilizzare anche senza aver chiesto al Parlamento l'autorizzazione prevista dalla Costituzione, sostenendone la imprevedibilità: non potevamo sapere che dall'altra parte del telefono c'era un deputato. Nel caso di Siri, il Senato ha sostenuto che di casuale c'era stato ben poco, e che l'indagine ronzava già intorno a lui. Era Siri il vero bersaglio? Di sicuro i pm non si fanno sfuggire l'occasione. Il 17 e 18 maggio 2018 lo intercettano «casualmente», mantengono i telefoni attivati, e il 25 settembre lo iscrivono nel registro degli indagati per corruzione.
È la vicenda degli impianti eolici in Sicilia, terreno da sempre al centro di interessi criminali: compresi, secondo i pm, quelli di Vito Nicastri, uno dei finanziatori della latitanza del fu Matteo Messina Denaro. Uomo di collegamento tra Nicastri e Siri sarebbe l'ex deputato Paolo Arata, che nelle intercettazioni col figlio vanta aderenze e favori da parte del senatore, e la promessa di trentamila euro in cambio di un emendamento. «É emerso in modo inconfutabile che non solo che non c'è stata dazione, ma neanche offerta», replicò il difensore di Siri dopo l'interrogatorio di Nicastri.
Il problema più della sorte di Siri (che nel frattempo è stato prosciolto a Milano, dove era approdato un altro troncone) è lo spazio di manovra da concedere ai pm nelle indagini sui parlamentari. Solo se l'ascolto è «occasionale» le intercettazioni si possono usare. Ma in questo caso come in altri casi secondo il Senato la Procura «dopo le due prime intercettazioni avrebbe dovuto agevolmente rendersi conto, per il numero e la frequenza delle conversazioni, del possibile coinvolgimento di un parlamentare e sospendere immediatamente le captazioni». La Corte Costituzionale è di avviso opposto: «deve ritenersi che l'ingresso del senatore Siri nell'area di ascolto sia del tutto occasionale», non c'è prova che «il reale obiettivo fosse quello di accedere indirettamente alle comunicazioni che questi ha avuto con l'altro imputato».
Certo, i pm sapevano già che Arata si vantava di conoscere Siri: ma questo «non dimostra che già in quel momento le autorità inquirenti mirassero a accedere alla sfera comunicativa del parlamentare». Ci sono entrati a loro insaputa, insomma.
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