«Annamobbbeeeneee!!!», avrebbe esclamato la sora Lella a un certo punto del discorso d'investitura di Mario Draghi al Senato. Il punto era quello in cui, parlando della pandemia in generale e degli attualmente ricoverati in terapia intensiva in particolare, al Drake chiamato a correre più di una Ferrari (ma non di questi tempi) per far uscire finalmente dai box il governo, è slittata la frizione, quando ha detto «due milioni» invece di «duemila». «Annamobbbeeneee!!! E meno male che questo s'intende de' numeri!». La sora Lella, icona del tifo laziale, ci avrebbe aggiunto, da ottima cuoca quale era, anche un pizzico di sana rivalità pallonara, nel motteggiare sulla sbandata di Draghi, romano come lei, ma romanista di strettissima osservanza tottiana. E, come sempre faceva, avrebbe sdrammatizzato una situazione che di essere sdrammatizzata ha un gran bisogno. Comunque, non si può chiedere a un presidente del Consiglio «tecnico» l'eloquio di Cicerone. Un «tecnico» è quasi uno scienziato della prassi quotidiana, e gli si deve chiedere soltanto di portare a casa il risultato, come ai suoi colleghi del calcio, altrimenti se ne va a casa come tutti quelli che l'hanno preceduto. Draghi, con il cognome che ha, dovrebbe fare fuoco e fiamme, rispetto al Conte decaduto. E dovrebbe soprattutto avere, per antitesi, una freddezza chirurgica nel prendere in mano una patata bollente che nessun altro, in Italia, s'è mai sognato di sfiorare. Eppure, dietro quella mascherina appuntita che sembrava proprio il rostro di un drago, ieri per alcuni impercettibili istanti l'economista-accademico-banchiere pareva un cardellino, tanto era sopraffatto dall'emozione. Per esempio, alla parola «consapevolezza» del compito da svolgere eccetera eccetera, non è riuscito a soffocare del tutto un accenno di stranguglione, e «dei cittadini tutti» l'ha pronunciato con un po' di puntini di sospensione distribuiti fra le sillabe. In spagnolo di usa l'espressione miedo escenico per chi tentenna o s'impappina parlando in pubblico. Pare l'abbia coniata lo scrittore Gabriel García Márquez negli anni Ottanta.
Ma lui era uno specialista del realismo magico, mentre il realismo di Super Mario (gli si dovrebbe trovare un altro appellativo: a Balotelli non ha portato molto bene) dev'essere senza aggettivi sognanti o poetici. Realismo e basta, magari teutonico, come per la Realpolitik. Ma senza esagerare alla maniera di herr Otto von Bismarck. Siamo pur sempre in Italia.
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