Paura e gioia, tensione e sollievo. È il mix di emozioni del primo giorno di tregua tra Israele e Hamas. Iniziato in ritardo, come a ribadire che non c'è nulla di scontato, proseguito con l'ennesima strage a Gaza ma concluso con la notizia più importante che tutti aspettavano, la liberazione dei primi tre ostaggi che sono stati per 471 giorni nelle mani dei terroristi. Romi Gonen, Emily Damari e Doron Steinbrecher, sono tornate a casa e hanno potuto abbracciare le loro famiglie. «Sono in buone condizioni», ha confermato la Croce rossa che ha coordinato le operazioni anche se sono evidenti i segni e le ferite sui corpi delle giovani. Ma non è stata affatto una giornata semplice.
Il cessate il fuoco previsto per le 8.30, è stato invece congelato di qualche ora, fino alle 10.15, a causa del ritardo da parte di Hamas nel comunicare i nomi delle persone liberate come da accordi firmati. «Ragioni tecniche», ha ammesso Hamas, ma tanto è bastato perché Israele organizzasse un nuovo raid nella Striscia con 19 persone che sono state uccise. Poi la lista, la tregua che parte ufficialmente con tanto di giallo. Dei tre nomi circolati ieri sera, solo due erano corretti. All'ultimo momento, Emily Damari ha preso il posto di Arbel Yehud, 29enne rapita con il suo fidanzato dal kibbutz Nir Oz che rimane ancora nascosta in qualche tunnel o in un covo. E se tre famiglie hanno potuto festeggiare, insieme alle centinaia di persone scese in strada a Tel Aviv, quella di Arbel si è stretta in un silenzio carico di paura, la stessa degli altri che aspettano da oltre 15 mesi il ritorno dei propri cari.
Il primo passo, comunque, è stato fatto. «Accogliamo con affetto le tre donne liberate. Il governo è impegnato a riportare a casa tutti gli ostaggi», ha commentato il premier israeliano Benyamin Netanyahu mentre Abu Obeida, portavoce delle Brigate Qassam di Hamas, dice che il gruppo è «impegnato a rispettare l'accordo di cessate il fuoco e sollecita i mediatori a costringere Israele a rispettarlo». Gioia anche da parte del presidente americano eletto Donald Trump che via social scrive: «I rapiti cominciano a uscire oggi da Gaza. Tre meravigliose giovani donne saranno le prime», mentre il leader uscente Joe Biden sottolinea che «la campagna di Israele è stata di successo». Ma la situazione rimane molto tesa, non solo nei rapporti tra le parti ma anche in quelli interni a Israele. Dopo le dimissioni di Ben Gvir e di altri due ministri dell'estrema destra, anche il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, altro membro dell'ultra destra, alza il tiro e minaccia: «L'esercito israeliano deve occupare Gaza e creare un governo militare temporaneo perché non c'è altro modo per sconfiggere Hamas», ha detto aggiungendo senza mezzi termini che «rovescerò il governo se non tornerà a combattere in un modo che ci porti a prendere il controllo dell'intera Striscia e a governarla».
Ma la tregua, per ora, tiene. Hamas ha fatto sapere che il secondo gruppo di prigionieri rilasciati sarà nella serata di sabato prossimo, quando dovrebbero tornare altre 4 persone i cui nomi non sono ancora stati comunicati. Nel contempo ieri sera sono stati rilasciati dalle carceri israeliane i primi 90 detenuti palestinesi sulla base accordi stipulati. Si tratta di 69 donne e 21 minori, tra questi anche Khalida Jarrar, parlamentare palestinese membro di spicco del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Mahmoud Aliowat, 15 anni, è invece il più giovane dell'elenco. Inserita nella lista anche Abla Abdelrasoul, 68 anni, moglie del leader Ahmad Saadat, che ordinò l'assassinio del ministro del turismo israeliano Rehavam Ze'evi nel 2001 e che sta scontando una condanna a 30 anni di carcere.
Intanto a Gaza è festa per le strade per il cessate il fuoco.
Migliaia di persone sono già in viaggio verso il Nord della Striscia, abbandonato e semi distrutto dopo gli attacchi di Israele mentre in molti hanno preso d'assalto mercati e negozi per procurarsi cibo con oltre 250 camion contenenti merci, cibo e aiuti umanitari che sono stati autorizzati a entrare nella Striscia. Un effetto positivo non secondario, insieme al rilascio degli ostaggi, di una tregua tanto fragile quanto attesa.
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